mercoledì 15 gennaio 2014

Cna..Industria Addio

La grande crisi colpisce duro, anche a Rimini. La sequenza apparentemente inarrestabile di fallimenti, ristrutturazioni aziendali e conseguenti licenziamenti non accenna infatti a diminuire. In un simile contesto è inevitabile che anche tutto il sistema dei servizi alle imprese sia profondamente scosso dalle fondamenta: così, il mondo delle libere professioni, come pure quello delle associazioni imprenditoriali, sta vivendo la sua fase più difficile, naturale conseguenza del crollo dell’economia reale in atto. Con il nuovo anno si interrompe pertanto la mia attività presso CNA Rimini: è un vero peccato dover lasciare in sospeso tante attività avviate, ma sono persuaso che con tanti imprenditori amici non mancheranno le occasioni di proseguire a collaborare in altra forma. Mi piace ricordare per titoli alcune attività svolte di recente come responsabile provinciale di CNA Industria: l’iniziativa a difesa del settore nautico organizzata la scorsa estate presso la Darsena, oppure il networking delle aziende metalmeccaniche della subfornitura; ancora, il prezioso studio sui rapporti banca – impresa sviluppato insieme al professor Alessandro Berti, come pure la valorizzazione delle aziende alimentari e della moda sui mercati esteri, fino al recente progetto sugli artigiani digitali, i cosiddetti “Makers” , a cui ho collaborato su richiesta del prof. Giampaolo Proni. Su tutto poi vanno considerati gli imprenditori del consiglio direttivo di CNA Industria, a partire dal Presidente Pierpaolo Franchini, cui va tutta la mia stima. Tanto è stato seminato, ma sempre meno si raccoglie: è la severa legge del nostro momento economico, ai cui effetti sono esposti imprenditori, lavoratori, professionisti ed associazioni. Ovviamente non serve a nulla lamentarsi, piuttosto occorre reagire con coraggio e determinazione, andando a cercare nuove opportunità là dove ce ne sono, oppure inventando qualcosa di nuovo, magari anche all’estero. Il ruolo delle Associazioni di categoria In termini generali, il mondo delle associazioni imprenditoriali sta vivendo un momento di svolta, superato il quale, tali organizzazioni si troveranno ridimensionate nelle loro tecnostrutture, nonché rimodulate nel loro modo di operare. Da un punto di vista pratico, ad esempio, se le imprese italiane sono soffocate da una burocrazia mostruosa e costosissima e se il legislatore riuscirà ad imporre quelle drastiche misure di semplificazione oggi non più rinviabili, allora molte delle stesse associazioni dovranno rivedere l’impianto dei servizi erogati, che in massima parte sono costituiti da adempimenti formali – fiscali, del lavoro, della sicurezza o della privacy - sui quali hanno impostato la propria rete di assistenza: questa, così come è stata strutturata finora, non solo non costituisce un valore aggiunto per le aziende, ma addirittura esprime la gran parte dei fatturati e quindi dei bilanci delle associazioni stesse, rendendole apparentemente di servizio alle imprese, ma, su un piano astratto, paradossalmente complici, in quanto beneficiarie indirette, delle storture burocratiche dell’assurdo apparato amministrativo pubblico italiano. Si tratta dunque di un modello associativo novecentesco, obsoleto, che oggi viene messo in discussione dalla realtà oggettiva, il cui superamento è una delle precondizioni per modernizzare la nostra economia. Oltre alla dimensione squisitamente pratica ed economica, il mondo organizzato delle categorie viene oggi minacciato anche sul piano “politico”. Il concetto di rappresentanza, uno dei cardini del sistema democratico, è stato massicciamente messo in discussione in relazione ai partiti, in gran parte a causa della scandalosa inefficienza della nostra classe politica, ma grazie anche all’esplosione di nuovi movimenti che hanno saputo interpretare gli orientamenti dell’opinione pubblica con antenne e strumenti aggiornati al nostro tempo. Parimenti, anche il complesso, barocco mondo organizzato della rappresentanza delle imprese oggi si trova ad affrontare tale nuova sfida: da questo punto di vista la crisi potrebbe sortire qualche benefico effetto, inducendo ad una semplificazione, sia orizzontale che verticale, con aggregazioni vere di associazioni, sia per settore di rappresentanza che in termini territoriali. Il processo si è avviato, timidamente ed a macchia di leopardo, anche in Romagna, ma sarà reso inevitabile dai problemi concreti posti dalla sostenibilità delle strutture associative. Sicuramente è finita, per fortuna, l’epoca in cui talune associazioni svolgevano impropriamente il ruolo di “cinghie di trasmissione” di alcuni partiti. In certi casi però, magari in una dimensione squisitamente provinciale, resistono situazioni di “collateralismo” dove specifici interessi politici, di business e di apparati si trovano accomunati su percorsi tortuosi, dove non si capisce bene chi fa cosa. Sono casi rari, in cui si può arrivare anche a vere e proprie degenerazioni e dove uno strumento di interesse generale può scadere a bene disponibile di pochi singoli, magari in formato famigliare. Ecco, sono questi esempi deleteri che contribuiscono a delegittimare nel proprio ruolo originario certe organizzazioni di rappresentanza. Ma questo modello ormai è al tramonto, schiacciato da contraddizioni inestricabili. Lo scenario politico-economico di RImini In conclusione, qualche annotazione sul livello locale di Rimini. Qui la crisi economica ha sortito i suoi effetti con uno scoppio ritardato di circa due anni rispetto alle aree più densamente industrializzate del nord. Quando l’onda lunga è poi arrivata in Riviera, si è però saldata con la crisi strutturale del nostro modello turistico, colpito anche nelle sue componenti di offerta orientate alla destagionalizzazione, fiere e congressi in primo luogo. Tutto ciò fa presagire che, purtroppo, l’uscita dalla crisi sarà pertanto a sua volta più lenta e lunga in questo lembo di Romagna. La botta colossale del fallimento di Aeradria infine, è un vero e proprio colpo al cuore della nostra economia, anche sul piano simbolico: un chiaro indicatore che un certo sistema consociativo di cogestione amministrativa della cosa pubblica è giunto al capolinea, o meglio: è letteralmente atterrato. Se la nostra comunità saprà trarre le indispensabili motivazioni ed idee per invertire la rotta, come è giusto sperare; se, dunque, una nuova alleanza di volenterosi cittadini e dirigenti politici saprà mettere in pista un moderno progetto di rilancio, allora potremo liberare le preziose energie imprenditoriali utili a far scrivere un nuovo capitolo della nostra storia socio-economica e un giorno potremo dire finalmente che questa catastrofe a cui stiamo assistendo non sarà avvenuta invano. Alessandro Rapone