domenica 5 gennaio 2014

Do You Remember?

Caro Lugaresi, rispondo alla tua piccola richiesta di commento sullo shale gas di cui hai notato, più che giustamente, la sempre maggiore presenza sui nostri giornali “di regime”. E’ un tema difficile che richiederebbe molte, moltissime pagine. Ho dovuto sintetizzarlo al massimo e spero, in qualche misura, di esserci riuscito. Almeno per una prima informazione che possa essere utile ai tuoi, ormai numerosissimi, lettori. Posso cominciare dicendo che, In Europa, le nuove tecnologie di estrazione e di impiego dei fossili incontrano crescenti ed entusiasti adepti, e, insieme, obiezioni prima ancora del loro impiego massiccio. Vale per le perforazioni e per le frantumazioni delle rocce per ottenere gas di scisto (comunemente nominato: “shale gas”) e “fracking” (la tecnologia per ottenerlo mediante frantumazione delle rocce profonde NdR) e per le ipotesi di sequestro della CO2 a valle della combustione del carbone. Essendo tuttora imprecisato l’impatto ambientale di questi processi ad alta entropia, anche se è fuor di dubbio che l’analisi del ciclo di vita di filiere così complesse ne metta in discussione la praticabilità, è un atteggiamento culturale e geopolitico quello che fa propendere per la loro affermazione o il loro rifiuto. Infatti nasce qui l’uso ormai invalso del termine “guerra dello shale gas”. La prospettiva di una futura indipendenza energetica e la totale tolleranza per l’esternalizzazione dei costi ambientali, fa assumere al governo americano una posizione di assoluto sostegno, mentre porta la Commissione europea a tergiversare sulle prospettive di fracking nel vecchio continente. C’è perfino un fondo culturale nella diversità di approccio: in Europa il principio di precauzione vincola a considerare preventivamente gli effetti sulla vita e l’ambiente dell’introduzione di nuove tecnologie e a non ridurre la discussione sui possibili vantaggi politici (indebolimento di un vantaggio strategico attualmente di un avversario) agli artifici finanziari e di un dumping valutario che possono favorire un abbassamento dei prezzi sul mercato a discapito della salute e della sopravvivenza stessa delle popolazioni. In USA vale il principio inverso. Tornando all’Europa è in atto un autentico assalto delle lobby americane, appoggiate in particolare dalla Polonia e dalla Romania e, meno esplicitamente, dall’Inghilterra, per fare entrare nell’agenda politica europea i combustibili fossili non convenzionali. Si è svolta una consultazione pubblica i cui risultati sono stati presentati dalla direzione ambiente della Commissione il 7 giugno e che ha potuto dimostrare come oltre il 60% degli intervistati è al momento contrario allo sviluppo di shale gas in Europa. La grande maggioranza delle risposte concorda sulla mancanza di una legislazione adeguate, il bisogno di informazione del pubblico e la mancanza di accettazione popolare di un rilancio dei combustibili fossili e soprattutto di quelli ottenuti con tecniche non convenzionali. Si tratta però di una situazione momentanea, suscettibile di cambiare quando e se la “macchina da guerra” delle lobby si mettesse davvero in moto. Nonostante l’opposizione della cittadinanza (almeno quella piccolissima frazione informata), i “media” anche nel nostro paese propongono l’ipotesi di un vantaggio sulla bolletta elettrica. E’ quello che in maniera poco trasparente il ministro Zanonato ha assicurato per i costi dell’energia, facendo intendere che, mentre le rinnovabili pesano sulle tariffe al consumatore finale (condizione vera), tutti beneficeranno della riduzione del prezzo del gas comprato sulla piazza olandese o perforato “in casa” (da dimostrare). Numerose analisi dei potenziali effetti del gas scisto sulla convenienza all’acquisto sono molto caute e arrivano a valutare, secondo uno studio dell’Agenzia internazionale per l’energia che i costi di produzione in Europa siano due volte superiori a quelli degli Stati Uniti, anche perché ci sono importanti differenze geologiche e geografiche, oltre ad una maggiore densità di popolazione. In estate ha fatto molto scalpore un documento di esperti tedeschi che definiscono il “fracking” “inutile e rischioso”, dubitando che lo sviluppo di shale gas sia economicamente redditizio e utile per la transizione energetica del loro paese, derivante dalla decisione di chiudere tutti i reattori nucleari entro il 2022. Essi, in particolare, mettono in discussione la tecnologia stessa e chiedono un procedimento europeo per la valutazione dell’impatto ambientale. Secondo loro, il “fracking” dovrebbe limitarsi a essere utilizzato in progetti pilota, con una valutazione obbligatoria dei suoi effetti ambientali e con “stretto monitoraggio scientifico”. Questi tipi di progetti dimostrativi dovrebbero essere pianificati e attuati in modo trasparente, coinvolgendo il pubblico e in conformità con il principio: “chi inquina paga”. I costi derivanti, poi, dovrebbero essere a carico del settore di estrazione. Questi esperti concludono che, poiché non vi è ancora alcuna analisi completa del ciclo di vita, è incerta perfino la questione se lo shale gas abbia un’impronta di carbonio inferiore a quella del carbone. Tenendo conto di tutti i requisiti di sicurezza necessari, il potenziale di shale gas sfruttabili in Germania, in Italia e in Francia è così piccolo che non avrebbe alcun impatto sui prezzi energetici regionali. Questo secondo gli studiosi tedeschi. Allora perché farne il perno delle future strategie energetiche, compresa quella italiana sottratta al dibattito pubblico e infilata sotto il tappeto delle “larghe intese”? Gli Stati Uniti sono esplicitamente per l’estrazione di gas scisto su larga scala e ne sostengono l’espansione come un tratto fondamentale della loro egemonia negli anni futuri. Esso infatti, nella mente degli strateghi americani, dovrebbe far crollare il prezzo del petrolio e del gas dando un colpo mortale al loro principale nemico strategico: la Russia. Tuttavia, non è certo per quanto tempo continueranno a farlo, anche perché è del tutto possibile che assistiamo già ora ad una bolla che potrebbe scoppiare in pochi anni. Qual è la nostra convenienza? E quale conseguenza sull’accelerazione del cambiamento climatico? Perché non discuterne? In questo paese dov’è la classe dirigente e perché spetta sempre e solo ai movimenti preoccuparsi responsabilmente del futuro? Queste sono le domande della “minoranza” informata cui ormai tutti i giorni si contrappone il tam tam degli organi di informazione, ormai tutti ufficiali, che dipingono il fracking e lo shale gas o shale oil come la nuova frontiera. Se si legge la “Stampa” degli Agnelli/Elkann non c’è giorno dove non si levi il “Magnificat” dello shale gas qualificato senza mezze misure come artefice del “rinascimento economico” americano. Una prima sintesi può essere questa a mio avviso: il tema dell’energia da frantumazione, si pone oggi più come un problema geopolitico che energetico. Insieme al sistema PGS (Prompt Global Strike) sistema questo propriamente bellico, lo shale gas dovrebbe essere lo strumento attraverso il quale gli Stati Uniti e i loro alleati (di vario livello) rimescolano la carta del “grande gioco” e “rigettano indietro” il loro avversario di sempre (la Russia) e quelli potenzialmente futuri (Cina, India ecc.) La scommessa è difficile perché il sistema appare, già a prima vista, ben poco remunerativo, e occorrerà quindi far pagare ad altri i costi economici e ambientali di questo “parto difficile”. Questo sarà facile con i paesi dell’est Europa (Polonia, paesi baltici, Romania ecc.) le cui classi politiche “costano” poco e le cui opinioni pubbliche contano zero. Un po’ più difficile con tedeschi, francesi ecc. . Un caso particolare è l’Italia che sconta un duplice gap. Da un lato ha l’energia più cara d’Europa che spiazza imprese e consumatori e che, allo stesso tempo, rende più facile veicolare le più assurde tesi miracolistiche (ieri le cosiddette energie alternative, oggi qualsiasi cosa). L’altro punto debole dell’Italia è che quelli che io chiamo “la piccolissima minoranza informata” è fatta per lo più da “ambientalisti” o “verdi” che dir si voglia. Esponenti cioè di un mondo che nel nostro paese non ha mai fatto presa anche per il bassissimo livello politico dei suoi esponenti che rende del tutto improbabile le loro tesi, anche quando, per caso, avessero ragione, (Do you remember Pecoraro Scanio?). 
 Il Cancelliere