mercoledì 22 gennaio 2014

L' Europa in Guerra?

Quando nei mesi scorsi il Cancelliere ci diede qualche articolo di anticipazioni sull’Ucraina e sugli sviluppi prevedibili speravamo (purtroppo senza convinzione dati i precedenti del personaggio...) che si sbagliasse. Almeno in questo caso. Ci siamo sbagliati noi. Ormai il paese è precipitato in una specie di guerra civile permanente creata a tavolino, che, prima o poi, esploderà in forme ancora più violente. Abbiamo chiesto al Cancelliere un suo ulteriore commento che ci ha inviato gentilmente. In breve, il media mainstream ci bombarda in questi giorni di fine gennaio con il racconto delle proteste sempre più violente anti-russe e filo-europee che stanno riempiendo le piazze della capitale ucraina Kiev. Come sempre accade, quando oggetto del racconto è una contesa che contrappone sentimenti filo-occidentali versus interessi russi, l’ago della bilancia pende acriticamente verso una narrazione unilaterale che decanta le virtù dei “buoni” del campo europeista a discapito delle liberticide mire espansionistiche dei “cattivi” russi (salvo sorvolare sulle connotazioni profondamente contraddittorie del campo sedicente pro-europeo). Se l’inettitudine del presidente Yanukovich è fuori discussione, pavido verso le potenze vicine e russofilo più per interesse che per convinzione, la dimensione geopolitica implicata è superficialmente sottaciuta e non considerata dagli analisti di casa nostra. Noti comunque in tutto il mondo più per l’ignoranza che per la malafede. La contesa che si gioca in ucraina tra “europeisti” “americani” e “russofili” si colloca infatti in una linea di faglia pericolosa (come tutte le linee di faglia) che contrappone la popolazione russofona delle regioni sud-orientali e quelle di cultura e lingua polacca delle regioni nord-occidentali. Come dimostra la perfetta spaccatura territoriale delle elezioni del 2010. Sotto sentimenti popolari ed etnizzati cova però anche la contrapposizione tra sfere d’influenza politico-militare ereditate dalla Guerra Fredda. L’allargamento della nato verso Est, supportata con leggerezza e spregiudicatezza dai paesi dell’ex Patto di Varsavia (soprattutto Polonia e Romania) in contrapposizione alla volontà di difendere la propria area d’influenza e la propria fascia di sicurezza militare da parte della Russia putiniana che non vuole i missili americani a poche centinaia di chilometri da Mosca. Queste tensioni hanno ormai pregiudicato un delicato equilibrio politico che spaccherà in due la nazione ucraina, ripetendo gli errori che l’Europa già commise (allora però ben consapevole) nell’innescare le dinamiche che portarono alla guerra civile e alla disgregazione della ex-Yugoslavia. Se è certo che la popolazione che abita i territori della Galizia (regione situata tra Polonia, Ungheria, Slovacchia e Romania) e, almeno in buona parte, il distretto della capitale Kiev è risolutamente orientata per l’ingresso nell’UE, nonché anti-russa, le regioni geograficamente più vicine alla Russia e alla Moldavia si sentono invece più protette dalla sfera d’influenza tradizionale. In tutto questo si gioca il malinteso, per cui gli ucraini filo-UE e filo-U.S.A.. credono di poter ottenere una maggiore libertà di movimento verso l’Europa quando, nella firma del trattato di Vilnius (la crisi è scoppiata in seguito al rifiuto di Yanukovich di sottoscrivere accordi eccessivamente svantaggiosi per il suo paese) in nessun caso è questo ad essere in questione, ma solo più vantaggiosi contratti energetici per l’Unione Europea, che, interessata e (forse) miope, soffia sul fuoco, finanzia ed aiuta con ogni mezzo (salvo le armi per ora…) l’opposizione “arancione” rischiando di trasformare un fuoco circoscritto in un ben più pericoloso incendio. Comunque, voluto o no, ormai il dado è tratto e l’Europa di Bruxelles (senza forse saperlo) è in guerra contro la Russia con o senza Putin. Salvo riesca a cacciare Putin e insediare al potere a Mosca un novello Gorbaciov o un redivivo Eltsin. Impresa quanto mai difficile perché i russi i due li conoscono bene e lì gli “Euromaidano arancioni” non sono ben visti. Quindi sarà uno scontro duro. Per l’Europa secondo alcuni può essere l’alba di una nuova rinascita. Una guerra vinta, sia pur con l’indispensabile apporto americano, contro la Russia, potrebbe essere un buon viatico dopo i disastri economici dell’euro e lo stop decisamente umiliante subito nella guerra civile siriana. Ma potrebbe anche essere l’inizio di un brutto sogno: le guerre si iniziano ma mai si sa quando finiscono. E soprattutto costano. Soprattutto quelle “semi-calde” e civili, come in Ucraina. Fa un po’ ridere (e piangere...) che da noi si contasse sui russi per risanare la disastrata economia italiana. Ridere come quel deputato del PD che (probabilmente senza saperlo...ma per un PD è normale…) giorni fa a Kiev si alternava con altri politici del parlamento europeo ad arringare i filonazisti di “Svoboda”... Dicevo della crisi siriana. Le analogie con l’Ucraina sono molte. Pianificata a tavolino e fatta esplodere nella convinzione di ottenere un facile successo, specie a Londra e a Parigi, si è impantanata ed ora l’Europa, per non ritrovarseli in casa, è costretta a pagare sempre di più i guerriglieri della Jiaad islamica che oggi combattono in Siria, domani nel Caucaso (anzi già oggi…) dopodomani chissà… Comunque, a differenza della Siria, quella Ucraina è una guerra alle porte di casa e l’incendio l’abbiamo appiccato noi.
 Il Cancelliere.
 P.S.: non mi voglio dilungare ma in queste ore, nell’opposizione, sta emergendo bene la differenza tra il “moderato” Klichko (filogiudato dalla CDU Tedesca) e la “Giovanna D’Arco” Timoshenko (che le direttive le prende a Washington). Tutto ciò rende ancora più interessante il quadretto che viene a delinearsi.