sabato 22 aprile 2017

Il Caso George Soros seconda parte

Tra causa filantropica e spregiudicatezza finanziaria. George Soros magnate ungherese trapiantato americano, filantropo, attivista politico di origine ebraica è stato dai più considerato “ l’architetto delle rivoluzioni e colpi di Stato almeno degli ultimi 25 anni per conto degli Stati Uniti. Ha un patrimonio stimato in 25 miliardi di dollari, attestandosi anche come uno dei più grandi speculatori finanziari. Fin dalla sua nascita ha avuto una vita roccambolesca. Da rifugiato ebreo sfuggì a malapena, da adolescente, alla persecuzione da parte dei nazisti, tanto che i genitori decisero di cambiare il cognome. Fuggì dall’Ungheria in Inghilterra e studiò filosofia, mentre si manteneva lavorando come facchino, presso la London School of Economics con Karl Popper, definendolo un suo punto di riferimento, poi riparò in America . Come possa incarnarsi il suo atteggiamento speculativo con le teorie di Popper sarebbe una cosa tutto da verificare! Con i suoi soldi ha messo in ginocchio le economie di molti Paesi, anche noi italiani nel 1992, subimmo l’attacco speculativo orchestrato dal suo fondo “Quantum” che mandò in fumo 48 mila miliardi di dollari delle nostre riserve valutarie, costringendoci a uscire dallo Sme, (accelerando forse il nostro ingresso alla moneta unica). Soros è ricordato in finanza come colui che distrusse la Banca d’Inghilterra. Vendette centinaia di migliaia e migliaia di sterline allo scoperto, approfittando dell’incertezza circostanziale della Banca inglese nell'aumentare i tassi di interesse e a far fluttuare il tasso di cambio guadagnandoci una barcata di soldi. I più cattivi ritengono che stia finanziando la causa per agevolare l’immigrazione clandestina destabilizzando i governi anche con guerre civili all’interno di Stati sovrani, per sostituirli con figure a lui rispondenti nel fare le “guerre umanitarie” per controllare varie aree del mondo. Quasi come se “la democrazia fosse un lusso sorpassato” e i meccanismi di sovranità popolare e rappresentanza parlamentare fossero da ostacolo alla gestione diretta del potere. Parrebbe quindi più congeniale una società a due livelli:poche persone con grande potere economico (e decisionale) in grado di gestire anche i flussi informativi e dall’altra una massa di poveri, dipendente da questa élite funzionale al “sistema”. Secondo questo ragionamento l’élite prima produce i poveri, li trasforma in profughi con una guerra umanitaria o una rivoluzione i poi li spinge ad entrare i in Europa e in Usa grazie alle sue associazioni umanitarie, ricattando i governi che essa stessa finanzia perché approvino legislazioni che eliminano il reato di immigrazione clandestina. servendosi dei media e della cultura e costruire un senso di minaccia xenofoba e populista. Nel nostro Occidente assistiamo alla distruzione della classe media, quella che è stata il motore trainante dello sviluppo economico e civile dell’ultimo secolo e mezzo, che va di pari passo con i tentativi di smantellamento delle democrazie in atto in Occidente attraverso l’ascesa di governi sempre più tecnocratici che modifichino le costituzioni che sembrano dettate sempre più da banchieri. La sempre più massiccia immigrazione “indotta” sembrerebbe così volta a consolidare un modello incentrato non sulla ricchezza reale (produzione di beni e consumo) a vantaggio di tutti, ma su quella “irreale” dell’indebitamento e dell’usura, a vantaggio dei pochi che è la vera piaga della globalizzazione con conseguente concentrazione della ricchezza mondiale nelle mani di pochi 81% che detiene più della metà della ricchezza globale. Ricordiamoci che la cosiddetta sinistra americana e europea di Obama e Merkel si occupa dei profughi dopo aver lanciato sulle loro teste 26.000 bombe solo nel 2016 (quasi 50.000 in due anni) e venduto ai loro governi più armi di qualsiasi amministrazione americana, Italia compresa. Per concludere sembra che lo smantellamento dell’Occidente governato da plutocrati passi quindi convenientemente attraverso l’idea di questa migrazione sostitutiva.
L'Innominato