domenica 30 aprile 2017

Il Ponte di Gnassi

Mi chiedo (spesso) perchè la Città abbia perso ogni punto di riferimento che non sia (Nud e Crud) un Borgo trasformato in una familiare bolgia serale. Il buon senso, citato spesso anche dai codici di civile convivenza, è stato abbandonato come le banlieues cittadine. Inutile litigare per "veri" campi nomadi, quando ne abbiamo di piccoli, medi e grandi sparsi ma sovvenzionati allegramente per fare contente le ..nostre Onlus. Ha ragione Grillo sugli sbarchi, lo avevamo scritto in tempi non ancora sospetti a proposito dell'operazione Mare Nostrum. Mandare imbarcazioni e vedette fino alle acque territoriali libiche è "induzione" allo sbarco. Il procuratore di Catania è stato perfino troppo reticente nell'accusare (da solo) un meccanismo che sarebbe sotto gli occhi (strabici) di tutti i giornali. Torniamo al Ponte di Gnassi. Sembra che la sua seconda e trionfale legislatura possa essere decurtata da una condanna (certa) dopo (soli) quattro anni dal termine delle indagini. Le richieste di patteggiamento dei "pesci" piccoli di Aeradria sono una conferma dell'impianto accusatorio. Leggere però sul Carlino una amena discussione su cosa sembra il Ponte di Gnassi segnala il punto di non ritorno alla normalità. Solo il Sindaco eletto a Rimini poteva tranquillamente "azzardare" un'opera simile. Il Direttore del servizievole giornale riesce però a scrivere che esiste una "discriminante" tutta gnassiana tra un cavalcavia tradizionale e quello da noi lautamente pagato. Un normale primo cittadino avrebbe fatto un "normalissimo" sottovia senza creare un dislivello di sei metri. Quando i riminesi che non abbiano completato almeno una Sei Colli inizieranno la scalata, saranno molte le sorprese che il domestico giornale non pubblicherà. Ponte "assurdo" doveva essere ed è stato. Più che all'estetica curata come l'abbigliamento personale si dovevano decidere larghezza e corsie di marcia. Il successo della ciclabile da lungomare, pur soppalcata, è stato un tragico incipit. La larghezza minima era di sette metri: divisi tra pedoni (tre) e ciclisti (scalatori) il resto. Il Fila Dritto è stato il peccato originale. Una corsia veloce nel mezzo della città infestata da decine di rotatorie, alcune da loculo cimiteriale, hanno permesso alla Nipote di Melucci di usare il raro buonsenso e rivolgere (finalmente) lo sguardo alla nostra malandata ma indispensabile circonvallazione. Tralascio la solita fumosità degli intenti rivolti alla platea giornalistica. Abbandoniamo la Complanare tanto cara (?) ad Arlotti (A Te Faz) e concentriamo interessi e finanziamenti che ci arriveranno dopo la vittoria di Renzi su una circonvallazione a tre corsie con tre/quattro incroci a piani sfalsati. Il teorico chilometro che si farebbe in più è largamente compensato da una velocità media almeno doppia. Tornando all'ormai mitico Ponte rimangono solo le corna da sistemare.