venerdì 13 dicembre 2013

Due Scenari

E adesso cosa succederà nel PD? Gli scenari possibili sono due e in entrambi, qualcuno ci lascerà le penne. Vedremo scorrere fiumi di sangue, con il rischio che molto di quel sangue sia quello degli italiani. Renzi ha giurato di voler cambiare tutto nel PD, soprattutto la cosiddetta nomenklatura, gli ex comunisti fino ad ora padroni assoluti del partito. Spazzerà via in un sol colpo chi vive con la politica da sempre (con buona pace del convertito Gnassi) e chi ha venduto la propria fede centrista per un posto in parlamento, o più semplicemente, in qualche CdA, ahimè fallimentare. Ma siamo sicuri che i D’Alema si lascino rottamare così? Ed ecco i due possibili scenari: D’Alema e i suoi non accettano di essere rottamati, perché con loro finirebbe la tradizione della sinistra italiana (dicono loro!). Allora accuseranno Renzi di populismo e demagogia berlusconiana e si smarcheranno da quel soggetto pericoloso per l’esistenza della sinistra stessa (e della loro), cimentandosi in una gioiosa scissione che avrà come effetto quello di tenere il Sindaco di Firenze per le palle, ma dall’esterno visto che dall’interno non hanno i numeri per poterlo fare. L’altro scenario è quello della resistenza sfiancante: i dalemiani, che hanno rinunciato ai posti in segreteria offerti loro dallo stesso Renzi, si cimenteranno in una guerriglia continua e fastidiosa dall’interno, che costringerà Matteo a scendere a patti con loro. A questo punto però, il neosegretario sarà come tutti gli altri che lo hanno preceduto, tradendo il mandato del popolo piddino; perderà la faccia e sarà inghiottito dalle sabbie mobili della mediazione. Fine di Renzi, avanti un altro. Ma quando in politica si dice che gli scenari possibili sono due, il terzo è sempre dietro l’angolo. Baffino recupera l’ala civatiana, oggi ammaliata dagli scranni della segreteria, e stringe a sé l’asse dei deputati filogovernativi; ammicca alle forze politiche che sostengono il governo, facendo leva sul comune interesse di non andare a votare prima che finisca la legislatura. Così costringe Matteo a non accomunarsi a Grillo o Berlusconi e a difendere la volontà della maggioranza di proseguire con il governo Letta, avendo tutto il tempo per cuocere a fuoco lento la succulenta fiorentina. A Rimini, invece, non ce ne frega niente degli equilibri di potere dentro al PD. Aspettiamo solo che, dopo le lettere di patronage e i “ma io non sapevo”, il Sindaco si dimetta e assieme a lui tutti i componenti dei CdA delle società partecipate che abbiano il bilancio in perdita anche solo di un euro! Non sarà certo il destino di Renzi a salvare Rimini, ma se questi restano, non ci salviamo davvero.