venerdì 6 dicembre 2013

Morire per Kiev ? Seconda Parte

Quello che sta accadendo adesso a Kiev va considerato come una protesta dei cittadini filoeuropeisti? Oppure è una vera e propria rivoluzione di livello statale con evidenti segni di intervento esterno. Quando i militanti delle organizzazioni ultranazionaliste, che chiamerò per semplificazione "i galiziani", provano a dare l'assalto all'amministrazione presidenziale, mentre "l'opposizione" costituisce negli uffici conquistati del sindaco di Kiev degli organi paralleli di governo locale, non ha senso parlare di lotta politica è una "rivoluzione". Lo scenario del distacco dell'Ucraina dalla Russia tramite l'associazione all'Ue, sta scivolando senza tanti intoppi dentro una vera e propria guerra civile strisciante. E' già evidente in questo momento che i galiziani tenteranno di travolgere gli attuali poteri ucraini o di togliere loro la possibilità di influenzare gli eventi nel Paese. Alla fine la scelta sarà tra una svolta dura ed una morbida. Se ai militanti provenienti dalla Galizia, preparati dagli istruttori polacchi e baltici, fosse riuscito subito di conquistare l'amministrazione presidenziale, Jacenjuk e Klycko si sarebbero già dichiarati come i nuovi principi legittimi di Ucraina. Il fallimento dell'assalto e le azioni insolitamente decise di Janukovyc hanno modificato il loro percorso, ed ora sono costretti a parlare di certi "provocatori", i quali evidentemente sono stati portati a Kiev dai marziani e non dai galiziani. Nella situazione per come si sta svolgendo in questo momento sussiste un notevole elemento critico: è proprio Janukovic con il suo stretto entourage che sempre per semplificare chiamerò i "regionali". E, la cosa più importante di tutte, una parte rilevante dei membri del Partito delle Regioni hanno già riconosciuto o stanno svolgendo il processo di riconoscimento che per loro non esiste più una strada di ritorno. Se Janukovyc perde il potere, lo attende il carcere od il destino di Gheddafi, simili prospettive attendono anche coloro che gli sono vicini. Decine di migliaia di regionali ai loro posti oggi pensano con tremore cosa faranno di loro e delle loro famiglie i galiziani, giunti al potere con chiare propensioni nazionaliste. Per queste migliaia di funzionari, assolutamente leali verso Jaukovyc, la perdita delle cariche e degli affari saranno le conseguenze meno gravi dell'arrivo al potere dei "nuovi arancioni". Il passaggio al partito galiziano da parte di alcuni oligarchi, primo di tutti quel Dimitri Fistash, i cui colossali ed inimmaginabili depositi sotterranei di gas dovrebbero, secondo gli esperti occidentali, fare passare l'inverno al Paese, i quali fino a poco tempo fa erano in rapporti di coalizione o quasi neutrali con Janukovyc, ha provocato una scrematura naturale nell'entourage del Presidente. Durante una recente riunione di emergenza a Mezgor'e, insieme al Presidente ha lavorato soltanto un circolo di fedelissimi di tempi non sospetti. Lo si può considerare un segnale che Janukovyc sta cessando di cercare un equilibrio tra i diversi gruppi e si rifiuti di scendere a compromessi. In un contesto del genere, al Presidente ucraino farebbe molto comodo l'indipendenza dagli oligarchi che, come dimostra Fistasch, cambiano idea molto facilmente. La possibilità di ottenere una tale indipendenza ci sarà solo se Mosca permetterà di spostare verso lo stato ucraino i flussi finanziari delle vendite di gas in Ucraina, cancellando completamente gli schemi dell'oligarcato di cui, finora, Mosca è stata complice. Voci di un simile corso degli eventi si susseguono di continuo, ciclicamente, nel mondo di Kiev vicino alla politica. Se questo scenario si realizzasse, Janukovyc potrebbe passare alla repressione delle forze e dei gruppi che minacciano l'attuale ordinamento costituzionale ucraino. Le forze dei regionali, incoraggiate dalla ferma certezza che il potere centrale non le tradirà e non tenderà verso i Galiziani e Varsavia, potrebbero riuscire in questo compito. A patto di lasciare l'Ucraina occidentale, cioè la Galizia, ai suoi protettori, cioè la UE o più esattamente i polacchi e i baltici. Se di contro i Galiziani riusciranno comunque a conquistare il potere a Kiev, non lo si potrà considerare come la fine della lotta per l'Ucraina. Le popolazioni del Sud e dell'Est, governate dai regionali locali, hanno ancora la chance di passare ad uno scenario di guerra civile, e perderle non vorrà più dire nulla, perchè le nuove autorità toglieranno loro di sicuro le proprietà e la libertà. Con le loro pretese quelli di "Euromaidan" radicalizzano quelle regioni del Paese i cui abitanti hanno intenzioni contrarie all'integrazione europea e manifestano a favore della vicinanza con la Russia, alla quale sono uniti per lingua, cultura, rapporti economici. Ecco perchè si può parlare tranquillamente di guerra strisciante. A Kiev, infatti, appena insediato un governo apertamente russofobo, i dirigenti regionali del Sud e dell'Est potrebbero non riconoscerlo e intraprendere azioni concrete per la separazione delle loro regioni dalla "nuova" Ucraina. La rottura del Paese è già praticamente formalizzata. Esistono delle linee di demarcazione ben precise che dividono con tutta evidenza l'Ucraina per appartenenza etnica, linguistica, e politica. Rimane aperta la domanda in quale modo la Russia influenzerà i processi di queste regioni nel caso si realizzasse lo scenario del dissolvimento dell'Ucraina, che porterebbe rischi colossali per tutti i partecipanti al grande gioco geopolitico dell'Europa. Il che lascia una determinata speranza per una piccola, piccolissima soluzione di emergenza sulla questione ucraina. Questo scontro geopolitico si svolge in un periodo molto difficile per la Russia, alla quale occorre garantire il transito invernale lungo il sistema di condutture ucraine del gas destinato all'esportazione verso l'Europa. In questo contesto per Mosca è molto importante una tranquillità, almeno relativa, in Ucraina e la sicurezza che le autorità occidentali non la blocchino. Ovviamente a Varsavia e nei paesi baltici si pensa esattamente il contrario e si cercherà di radicalizzare lo scontro per coinvolgere i pesi massimi europei, Germania in primis, e gli Stati Uniti. Nel resto dell'Europa, nocciolo duro e Mediterraneo, non si capisce molto della grandezza del problema e si teme di passare l'inverno al freddo. La stampa è in grandissima parte russofoba, ma dell'argomento si parla poco. In realtà della vicenda, di per se complessa, si sa nulla. La linea guida è data da pochi esperti, secondo il collaudato schema: russi=cattivi; antirussi=buoni. Decisamente da parte della UE lasciare a Polonia e Baltici l'esclusiva della politica estera ad est non è stata una buona scelta. I prossimi giorni dimostreranno come finirà la "primavera ucraina" o con la creazione di area russofoba protetta ed una testa di ponte della Nato o con la scissione oppure infine con la trasformazione di Janukovyc in un politico determinato che costruisca una forte verticale del potere senza l'influenza dell'oligarcato. Tuttavia le sue chances di riconquistare la Galizia sono minime, esattamente come quelle dei suoi avversari di conquistare stabilmente l'est ed il sud del Paese. Ecco perchè dico che di fatto già oggi l'Ucraina, a meno di un miracolo, non esiste più.
Il Cancelliere