venerdì 20 dicembre 2013

Sempre a Proposito di Ucraina

Il Cancelliere ci ha inviato copia di un suo articolo di cui riportiamo ampi stralci. Egli prende le mosse da lontano anche per chiarire ai non informati il significato stesso del termine Ucraina. 1) Per la verità “Ucraina” anche da un punto di vista semantico non significa terra di confine con la Polonia e il mondo occidentale, ma più esattamente “periferia della Russia”. Una breve disgressione storica può esserci permessa anche se i nazionalisti ucraini si offenderanno senz’altro. Per parte sua La Russia non nasconde affatto di essere nata come nazione proprio a Kiev, la città sorta sulle sponde del Dnepr come predisse, secondo i redenti, mille anni prima l’apostolo Andrea che avrebbe risalito il fiume nel suo viaggio apostolico. I più antichi annali della “Rus’ ” di Kiev ci raccontano dei gran principi di quella città che esercitavano un ruolo di egemonia e di unità nazionale. Almeno fino all’invasione mongola del XIII secolo. Nel giro di un paio di secoli però i principi russi desiderosi di autonomia si spostarono verso est fondando nuove città e nuovi centri di influenza. Kiev perse così il suo ruolo guida e venne a trovarsi “u kraja”, cioè “alla periferia” della nuova Russia che avrebbe gravitato su Vladimir, Tver’, Suzdal’ ed infine su Mosca. Questo dal XVI secolo. Col tempo Kiev e le sue terre vennero quindi a trovarsi ai margini della storia russa”, inglobati nel Regno Polacco-Lituano di cui erano una specie di colonia. Questa circostanza ebbe influenza anche sull’antico slavo che nella lingua ucraina si avverte molto di più che nel russo moderno. Infatti l’ucraino è molto più vicino al protoslavo (così come la lingua serba) del russo. 2) Ma lasciamo le vecchie storie e gli intricati ragionamenti sulle remote “identità” e veniamo ai fatti concreti. All’oggi come è di moda dire. Primo fatto semplice e crudo: l’Ucraina il petrolio e il gas non ce li ha, la Russia sì. Fino ad ora l’energia per accendere i riscaldamenti e avviare le macchine la Russia l’ha passata all’Ucraina a prezzo politico. E’ chiaro che se l’Ucraina si orienta verso altre sponde la fornitura viene rinegoziata e i debiti del passato vengono ricordati al debitore. E’ mostruoso Putin se chiude il rubinetto del gas e passa all’incasso? Certo, l’uomo di Mosca non è una rosellina di campo, ma una volta rampognato Putin perché non regala più petrolio agli ex cugini divenuti parenti alla lontana, si può provare a chiedere agli arabi se sono disposti a regalare petrolio alla nuova stella d’Europa... Yanukovich ci ha provato, ma inutilmente, a chiedere fondi all’Unione europea, famosa per la sua generosità nei confronti dei popoli soggetti. Per realizzare le riforme che l’UE chiede all’Ucraina “riforme strutturali” (con la stessa gentilezza con la quale gli scorsi anni ha chiesto alla Grecia, all’Italia, al Portogallo ecc. ). Occorrono parecchi centinaia di miliardi, cioè finanziarie di lacrime e sangue, che noi italiani comunque conosciamo benissimo. Ecco questo è il secondo fatto nudo e crudo: la “perestrojka europeista” di Kiev richiederebbe centinaia di miliardi di euro, ma la UE è disposta, almeno per ora, a versare solo poche briciole di aiuti. 3) Terzo fatto anch’esso semplice: le principali merci ucraine sono, almeno a oggi, tutto sommato di livello modesto, l’Ucraina deve ancora lavorare per giungere ad un export di qualità. I cioccolatini ucraini che si vendono a Kiev e che hanno un piccolo range di esportazione in Russia non hanno nessuna chance di competere con le pasticcerie occidentali. A dire il vero sembra che l’Ucraina sia ricca dell’ormai famoso “gas di scisto”, che , secondo gli strateghi americani (vedasi in Italia i numerosissimi articoli sulla “Stampa” e “Corriere”) dovrebbe mettere in ginocchio la Russia. Ma la prospettiva è dubbia (in quanto è tutta da dimostrare la convenienza di questa “pesantissima” tecnologia rispetto al “gas secco” russo) e sicuramente a medio termine (5/10 anni). Nel frattempo che fare? Se l’Ucraina si riscopre “europea” e Mosca smette di fare la compiacenza di importare cioccolatini e altro e Kiev deve provare a vendere a occidente dolcetti che susciterebbero perplessità anche negli europei impoveriti e disperati di oggi. La proposta di partnership Ucraina-UE prevedeva appunto la libera circolazione delle merci e la libera circolazione delle persone. Ma se da un lato le merci ucraine hanno poche, o meglio, nessuna chance in Occidente, d’altra parte siamo sicuri che avrebbero una chance le persone? E l’Europa che non sopporta i pochi milioni di bulgari e i 20 milioni di rumeni è disposta ad accettare così di buon grado i 40 milioni di ucraini? (Erano 50, ma 10 sono già emigrati…!). Dunque ricapitolando: la prospettiva era di pagare salata la bolletta del gas, perdere le esportazioni verso la Russia, essere fermati nei loro movimenti verso occidente o essere mal sopportati come i romeni o gli “idraulici polacchi” a Parigi, subire finanziarie lacrime e sangue per anni e anni. Come gli italiani, i portoghesi, gli spagnoli e i derelitti greci, a cui i giornali non dedicano ormai nemmeno una riga. 4) Sempre per rimanere sull’attualità è notevole l’involontario appeal che si esercita sulla folla e sull’Europa che dopo aver dimenticato le trecce bionde della Tymoshenko si riconosce nella mascella quadrata di un peso massimo e negli ultranazionalisti che sventolano la bandiera della divisione SS “Galizien” che durante la seconda guerra mondiale combattè con i nazisti e fu, con i polacchi, la manodopera nello sterminio ebraico. Per ora da questa partita esce sconfitta la leadership europea che prima aveva fatto la voce grossa e poi si è trovata ad implorare una firma da uno Yanukovich, fino a ieri definito “bandito” e “criminale”. Il presidente della Commissione Barroso che già sognava di andare a guidare il Palazzo di vetro dell’ONU, dovrà fortemente ridimensionare le proprie ambizioni, proprio come quel nostro ex primo ministro (Monti) che già contava di porsi alla testa del parlamento europeo. Nate come rifugio dei trombati le istituzioni europee non hanno ancora dimenticato la loro ragione d’essere, succubi come sono dei “tecnocrati” che hanno portato alla rovina gran parte dei popoli europei. Quanto poi all’ipotetica ed implicita domanda: queste proteste, queste “massicce” manifestazioni in piazza a Kiev sarebbero una messa in scena? Oppure no? Darei questa risposta: sicuramente, in quel che accade c’è del reale, le immagini mostrano sì, queste persone che sono arrivate, in quantità anche consistente, ma non sono tutti abitanti di Kiev, vi è giunta gente anche da altre parti del paese (soprattutto appunto dagli oblast’ galiziani). Hanno goduto sicuramente di buona stampa la quale è poi andata anche ad indulgere su certe immagini per attirare certa parte dell’opinione pubblica occidentale, ad esempio, con la scena della statua di Lenin (piccolina, 3 metri...) su viale Shevchenko abbattuta. Sono cose che per un pubblico così che guarda con occhi ideologici, di un anticomunismo in assenza di comunismo, può fare piacere ed avere una forte valenza simbolica, ma non si capisce che lì è un gesto che potrebbe simboleggiare soltanto il distacco da parte di questi componenti ultranazionalisti ucraini di fronte a qualsiasi legame possa ancora sussistere anche dal punto di vista storico con quella che è stata l’esperienza, ad esempio, dell’Unione Sovietica o comunque della sinergia o della complementarietà dell’integrazione fra Kiev e Mosca. Erigere un muro con la Russia, per questi, è una prospettiva allettante. Queste manifestazioni, sicuramente godono anche dell’aiuto consistente di alcune organizzazioni non governative occidentali nonché della partecipazione di politici di primo piano europei ed americani (Westerwelle, Nuland, McCain ecc.) che arringano i manifestanti e minacciano il governo in carica, interessate a creare una situazione di tensione auspicando magari che ci scappi il morto o che la situazione degeneri per poter additare al pubblico ludibrio le forze dell’ordine ucraine, ma probabilmente queste manifestazioni sono destinate a ridimensionarsi, a lasciare la scena di fronte a quel che fosse magari qualche concessione governativa, qualche passo avanti da parte del governo, che comunque, ritengo, in ottica strategica a lungo termine non intenda assolutamente ridiscutere questo rifiuto che ha fatto nei confronti dell’adesione al partenariato e ancor di più all’Unione Europea vera e propria. Questo perché l’Ucraina è per natura duplice e prima o poi dovrà spaccarsi: mai gli oblast’ occidentali potranno essere ricondotti a un rapporto con Mosca e diverranno probabilmente una rediviva marca” polacco-lituana come cinquecento anni fa, con un po’ di soldi e missili tedeschi e americani a fare da collante. D’altra parte mi sembra assolutamente impossibile che i territori sud-orientali (etnicamente e linguisticamente russi) si facciano fagocitare in un “regno” a loro ostile per cultura, tradizione, religione. Ecco perché l’Ucraina dovrà spezzarsi. Se lo farà pacificamente o con spargimento di sangue lo vedremo. Là quando si uccide lo si fa in grande. Comunque.
 Il Cancelliere