domenica 17 febbraio 2013

La Voce della Russia

Montecitorio al peggio non c'è limite

La gente comune pensa, ingenuamente, che chi viene candidato in una determinata lista elettorale condivida, o almeno accetti, le idee (quando ci sono) del partito che lo presenta. Sprovveduti! Solo chi vola basso crede che si debbano porre limiti alla creatività. E ben lo sa il prof. Stefano Zecchi, docente di estetica all’università di Milano, che ha deciso di candidarsi in Lombardia con Monti e Albertini ed in Friuli Venezia Giulia con la lista Fratelli d’Italia. Per chi non lo sapesse, la prima lista considerata di “centro” dichiara di voler difendere l’euro, perseguire la politica del pareggio di bilancio ed assecondare i dettami che arrivano da Bruxelles o, meglio, da Berlino. La seconda, invece, è alleata con il centro-destra di Berlusconi rappresentandone la parte appunto “destra”. Essa dichiara totalmente sbagliata la politica di Monti, accusa la Germania di distruggere l’economia europea e si interroga se valga o meno la pena di salvare l’euro. Che farà il prof. Zecchi qualora ottenesse l’elezione in entrambe le località? E’ una incognita a cui ci darà risposta solo dopo i risultati, creando così una piccola suspense nella scialba campagna elettorale in corso. Suspense che, invece, non vuole nutrire Albertini, candidato a Presidente della Regione Lombardia ma, nel caso dovesse perdere, già garantito Senatore della Repubblica perché, contemporaneamente, si e’ anche candidato capolista con Monti nella stessa Lombardia. Incertezze non ne vogliono anche gli illustri parenti di alcune cariatidi della politica. D’altra parte sono tempi duri, il lavoro non è dietro l’angolo e, in Italia, la famiglia ha sempre la priorità. E’ per questo che Casini ha voluto tutelare la cognata, Silvia Noé ed il fidanzato della figlia, Fabrizio Anzolini, facendoli candidare in posizioni tranquille. Per restare nell’UDC, il deputato piemontese di lungo corso Teresio Delfino ha voluto garantire uno stipendio certo al figlio Beppe candidandolo alla Camera. Come De Mita, di cui si candida il nipote. Stessa garanzia per Giampiero, figlio del presidente della Provincia di Caserta Domenico Zinzi, e per la deputata uscente e riconfermata Manuela Repetti, che fu investita dell’alto incarico dopo essere diventata la nuova “compagna” dell’On. Sandro Bondi. D’altra parte quest’ultimo, strenuo difensore della famiglia, dopo aver ottenuto con metodi sconosciuti la nomina della prima moglie a docente in una scuola italiana negli Stati Uniti, si era già preoccupato anche del figlio della seconda compagna, Fabrizio Indaco, assumendolo nel proprio ministero durante il periodo in cui vi svolse il ruolo di ministro. La parentela è stata utile anche a Napoleone Cera, figlio del deputato uscente Angelo. E a Monica Cirinnà, moglie di Esterino Montino, capogruppo PD della regione Lazio. Invece Luigi Frati, gia’ chiacchierato rettore della Sapienza, si candida in politica dopo aver potuto garantire ai figli con una cattedra universitaria per ciascuno. Ancora: Fabrizia Giuliani, moglie del consigliere regionale laziale Claudio Mancini, Marietta Tidei, figlia del sindaco PD di Civitavecchia Pietro. Michele Trematerra, figlio dell’eurodeputato Gino. L’incertezza del momento, comunque, va ben al di là dei legami familiari e i più prudenti, come ad esempio Gregorio Gitti che vanta la presenza in venti differenti consigli di amministrazione è stato “cautelato” da Mario Monti con una candidatura nella propria lista. E’ la stessa prudenza che ha colpito Luigi Cesaro, presidente della provincia di Napoli e indagato per associazione camorristica. Di Cesaro si sa che già fu deputato in almeno due legislature nazionali e di lui si ricordano la assidua assenza dai lavori di commissione e l’unico intervento di un minuto effettuato in Assemblea con la lettura di un bigliettino passatogli dal Gruppo, incespicando nella dizione dell’italiano. Come premio fu eletto a furor di popolo, con voto di preferenza, all’Europarlamento, da dove non si hanno notizie di quale lingua preferisse per esprimersi nei bar di Strasburgo. Per fortuna sono stati escluse dalla liste i condannati in via definitiva, ma, forse in nome del garantismo, si sono candidati politici, o aspiranti tali, per cui, in caso di rinvio a giudizio o di processo, occorrerà superare lo scoglio di un voto parlamentare. Tra di loro Roberto Formigoni, costretto dagli scandali a dimettersi da Presidente della Regione Lombardia e titolare di vari provvedimenti per corruzione o concorso in essa. E Antonio Angelucci, accusato di tangenti. E Oscar Lancini, della Lega, la cui società di famiglia si è salvata grazie alla prescrizione dal processo per aver inquinato il fiume Oglio con tonnellate di rifiuti tossici. O il famoso Vladimiro Crisafulli, del PD, già rinviato a giudizio per concorso in abuso di ufficio e già indagato per concorso in associazione mafiosa. O Nicodemo Oliviero, indagato per bancarotta fraudolenta. O Andrea Rigoni, condannato e prescritto per abuso d’ufficio. E Antonio De Caro, sempre del PD, imputato per concorso in un altro abuso d’ufficio. Credete sia finita? Non pretendiamo di poter offrire una lista esaustiva, ma ricordiamo anche Michele Iorio, indagato per abuso d’ufficio e falso in bilancio e per truffa in diversi procedimenti. Né possiamo dimenticare il candidato Vincenzo Niro, già guardia carceraria, condannato per aver fornito armi al ben noto Raffaele Cutolo mentre stava in carcere; Vincenzo Terrazzano, rinviato a giudizio per truffa, lottizzazione abusiva e abuso d’ufficio. Fausto Tosto, rinviato a giudizio per irregolarità nella ricostruzione del dopo terremoto in Campania, Michele Giovine, consigliere piemontese sospeso dopo la condanna per la presentazione di firme false a sostegno della lista “Pensionati per Cota”. Si candida nella stessa lista con il padre Carlo, già condannato assieme a lui. E William Casoni, indagato per abuso d’ufficio, e soprannominato chissà perché, “l’uomo del 10%”. A volte chi si presenta è solo un parente e, si sa, “le colpe dei padri non debbono ricadere sui figli”. Infatti Roberto Borgis, sindaco di Bardonecchia, si candida ma non fa candidare la moglie, Marita Bobbia, indagata per truffa aggravata e falso ai danni di un ente pubblico. O la già onorevole, candidata Sabrina de Camillis (PDL) il cui marito, direttore di un Istituto di Musica, è stato rinviato a giudizio per la contabilità gonfiata dell’istituto da lui diretto. Come vediamo, in tutte le liste c’è solo l’imbarazzo della scelta. Ma il parlamento è solo lo specchio di un Paese in cui se gli oligarchi che hanno selezionato le liste hanno inserito certi nomi, qualche buon motivo l’avranno avuto.
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