lunedì 11 agosto 2014

80 euro di mancia

La prima scossa era arrivata con i dati di Confcommercio che raccontavano di una crescita tendenziale dei consumi interni nel mese di giugno pari allo 0,1% rispetto al mese precedente. Non bastasse, è arrivata pure la mazzata dei dati dell’Istat sulla non-crescita del Pil  0,2%, ma col meno davanti, a certificare che siamo di nuovo in recessione e che la parola “ripresa” è ormai da riporre negli armadi, in attesa di tempi migliori. Questi dati mettevano nel centro del mirino, soprattutto, i famigerati 80 euro di taglio del cuneo fiscale per i redditi da lavoro dipendente inferiori a 25mila euro all’anno. Gli 80 euro di mancia, non sono riusciti a provocare uno shock sui consumi e a stabilizzare la fiducia. E' stata però una impagabile scheda elettorale già segnata con la croce per Renzi. Accompagnata per giunta dalla promessa di estensione del bonus agli incapienti e ai lavoratori indipendenti. Nonostante il netto nein a qualsivoglia flessibilità rispetto agli impegni presi nel 2011: pareggio di bilancio entro fine anno, rapporto tra deficit e Pil sotto al 3%, un mix letale per la sostenibilità stessa dei conti pubblici. Tutto questo per un bonus che ha permesso un miracoloso 40,8%? Ha solo stimolato i voti non certo i consumi. A febbraio il motto renziano è stato: crescere, crescere, crescere. La domanda interna e i consumi dovevano essere la leva in grado di far crescere il Pil. Il bersaglio di Renzi è il famigerato cuneo fiscale. Per i non addetti: la differenza tra la retribuzione pagata dall’impresa e quella che finisce in tasca al lavoratore. Differenza che, giusto per fare un po’ di conti della serva Italia, è pari al 45,2% circa della retribuzione complessiva, mentre la media europea è il 35%, negli Usa è del 29%.  Ci aveva provato anche il suo predecessore Letta, tuttavia, dei 10 miliardi di taglio promessi per il 2014, il buon Enrico era riuscito a spuntarne solo 2,5, dividendoli in modo ecumenico, da bravo fratello maggiore democristiano: 1,5 per ridurre i redditi alle tasse medio-basse e 1 a vantaggio delle imprese, per ridurre il peso dei contributi sociali. Risultato? I lavoratori dipendenti a basso reddito si sarebbero ritrovati 100 euro all’anno in più.  Con 30 centesimi scarsi al giorno è difficile rilanciare la domanda interna. Renzi, a fratricidio ultimato, ribalta la scelta di Letta e annuncia, entro maggio, un taglio del cuneo fiscale mai visto prima: 10 miliardi di Euro solo per il 2014, tutti in busta paga ai lavoratori, per rilanciare la domanda interna e i consumi. Pro capite, per l’appunto, 80 euro al mese. La mancia elettorale ci permette di conoscere gli "incapienti". Quei lavoratori che guadagnano meno di 8mila euro l’anno, un decimo di BernabèAcqua di Romagna e che, non pagando le tasse, non possono usufruire del bonus fiscale del Governo. Alle elezioni europee del 25 maggio, contro ogni previsione, mette una croce sul simbolo del Partito democratico il 40,8% degli elettori. È un trionfo personale di Matteo Renzi e delle speranze che il suo governo suscita negli imprenditori e nei consumatori. Molti commentatori, soprattutto Beppe Grillo ed io, pensiamo che la vittoria sia da attribuire proprio agli 80 euro. Però noi abbiamo eletto Marco Affronte, siamo pari