martedì 5 agosto 2014

Woland: la guerra

Uno dei luoghi comuni più diffusi, nella pur piccolissima minoranza in Occidente, rimasta a sostenere le ragioni della Federazione Russa, è la fede nelle straordinarie capacità del presidente Putin. Probabilmente avranno ragione. Lo speriamo. Tuttavia vi sono due o tre segnali inquietanti. Dopo aver sopportato per mesi veri e propri atti di guerra, conseguenti al colpo di stato in Ucraina di febbraio sia da parte U.S.A. sia da parte UE, solo da un paio di giorni sembrano vedersi a Mosca delle reazioni. Tuttavia insufficienti. Non sappiamo come funzionino i “servizi” di Mosca in Occidente, ma secondo noi, male. Come non seppero prevedere la drammatica svolta di Kiev, oggi non sembrano capire che il barometro a Occidente segna stabilmente: “guerra”. Questo perché gli Stati Uniti, che non lo nascondono nemmeno, hanno deciso di farla finita con il colosso Eurasiatico, sia perché il livello di propaganda sui media ha ampiamente superato il punto di non ritorno. La situazione, in un certo senso, è simile a quella dell’Italia nel 1915 prima della dichiarazione di guerra all’Austria e a quella di Israele oggi. Ormai le opinioni pubbliche sono state estremizzate ben più dei governi che pure le hanno manipolate. Oggi un governo anche ultraestremista che volesse guardare obiettivamente le cose non potrebbe più farlo, schiavo ormai della propria propaganda bellicista. Le nuove guerre: Ucraina, Gaza ecc. devono, per le opinioni pubbliche occidentali, finire. Finire con lo sterminio dei “terroristi”. Questa nuova categoria di pensiero, ampiamente più vasta e pericolosa di quelle di settant’anni fa, ha ormai totalmente preso piede da noi in modo tale che non è possibile fermare il mostro uscito dagli alambicchi degli alchimisti del “mainstream”. Tornando a Putin sarà bene che se ne renda conto. Se vuole sopravvivere, lui personalmente e la sua Federazione. Non c’è nessuno spazio per la diplomazia e sarebbe antipatico che un uomo, sicuramente così intelligente, si facesse trovare impreparato o, come diciamo noi, con “i calzoni giù per il culo”.
 Woland