giovedì 7 maggio 2015

Barbapapà, il mio eroe

Leggo sempre più stupito la trasformazione di Eugenio "Barbapapà" Scalfari da insopportabile corifeo del Pd, confessore di Napolitano e perfino dei Due Papi, a condivisibile censore del renzismo. La sua mutazione non è stata improvvisa. Lui è un "vecchio" di Draghi, appartenente a quella ristretta cerchia di persone al di sopra della legge e della politica. Quando si evocano i poteri forti puoi iniziare a pensare alla Troika, poi all'anello sopra nel quale anche Obama è solo un potente impiegato. Ha ragione il pentito Barbapapà, con Renzi il suo Pd ha commesso il terzo errore. Per lui erano molto meglio Monti e Letta, due commessi però di livello alto. Sull'Espresso, la società politica della quale detiene un pacco di azioni, leggermente più quotate di quelle Carim, c'è una splendida vignetta di Altan. La giovane donna come quelle tipiche di questo grande artista, legge il seguente comunicato: "Il popolo potrà visitare la sua sinistra ogni secondo week-end del mese". Devo dire che per quanto la sua appartenenza alla gauche italica sia stato al massimo un pallido socialismo, gli permette oggi di essere un "antagonista" nei confronti del renzismo. Si è accorto che le balle promissorie sul lavoro sono evaporate al cospetto della triste realtà. Aumento della disoccupazione in particolare giovanile e diminuzione dei consumi, allietata con l'aumento del fabbisogno di bilancio. La botta costituzionale sulle pensioni sarà l'abbrivio per una feroce tosatura e spremitura delle tasche vuote. Parliamo di una decina di miliardi nell'esercizio in corso, che saliranno a quindici l'anno prossimo. Secondo l'ammiratore "anziano" di Draghi non è stata colpa della Fornero ma del nostro tombeur. Il governo attuale ha dissipato 10 miliardi l'anno e per i prossimi due anni con la regalia elettoralistica degli 80 euro mensili ai redditi superiori agli ottomila euro annui. Avrebbe dovuto destinare quella cifra al taglio del cuneo fiscale (Irap) e oggi, pur dopo la sentenza della Consulta, avrebbe ancora le risorse finanziarie per aiutare i non capienti e continuare ancora ad intervenire sull'Irap. E' andato oltre con il suo senile furore nei confronti del taglianastri dell'Expò. Il Jobs Act, è un prezioso oggetto esposto in vetrina, ma con nessuna incidenza sull'occupazione. Non crea nuovi posti di lavoro. Conserviamolo, non ha mai indovinato, nel passato, un candidato, oggi ha la possibilità di rifarsi "demolendo" quello che la sua società per azioni ci ha imposto.