lunedì 31 dicembre 2012

Traviata

Come tutti gli anni anche questo strano e sopravvissuto 2012 si chiude con la prova generale dell’opera di Capodanno, la Traviata, opera che non ha certo bisogno di presentazioni e che rallegrerà questo inizio d’anno riminese facendoci iniziare con la tanto amata e purtroppo vituperata cultura questo 2013, ho avuto la fortuna di partecipare alla prova generale of corse… La nuova location, il Palacongressi di Rimini, propone una sala accorciata e più consona ad una rappresentazione operistica ma naturalmente siamo lontani anni luce dalla resa acustica che solo un teatro può garantire. La scenografia è molto ariosa, di semplice impatto visivo, adatta ad accogliere la massa del coro che calca la scena con sontuosi abiti ottocenteschi dalle fogge e dai colori m-e-r-a-v-i-g-l-i-o-s-i. Al pianissimo attaccato dall’orchestra diretta dal M° Matteo Salvemini, con vibrante partecipazione, appare in scena un alter ego di Violetta, un angelo caduto dai capelli scapigliati rosso sangue che corre sulla pedana che si allunga fino alle prime file della platea e che aiuta sicuramente a partecipare ancora di più alla storia. Corre dunque questa ragazza, fluttua veloce, si contorce per cercare forse di impedire a Violetta di entrare in scena per risparmiarle un dolore che lei già sa, ma inutilmente. Perché Violetta è Gladys Rossi ed appare come una visione gattopardesca, in un abito bianco bellissimo regina e mendicante d’amore allo stesso tempo, con quegli occhi che parlano senza aprire bocca. Sarà un’altissima Violetta quella della Rossi, piena di sfumature, ricca di accenti soprattutto tragici che la cantante bellariese ha affinato avendo vestito questo ruolo molte volte. Diciamo per favore che Gladys Rossi è una grande protagonista della scena lirica internazionale, e non più solo una promessa, come tutti i giornali locali, che ahimè non seguono la lirica, affermano. Si staglia su tutti e va bene così. Il focoso Alfredo è un tenore bravo, Paolo Lardizzone, che ha dalla sua dei grandi acuti girati benissimo e dalla potenzialità drammatica e spinta. Ma ancora grezzo e mancante della presenza scenica dall’inizio alla fine e non ancora capace di costruire il personaggio “totalmente”. Bella la scena delle zingarelle e dei matatori, III atto, sicuramente il momento più alto musicalmente e drammaturgicamente dell’opera, quando Alfredo, ignaro ancora del sacrificio di Violetta e soprattutto ignaro della malattia che piano piano sta finendo l’amata, prende tutto il denaro che si ritrova in tasca e lo getta sprezzante su di lei ( per inciso il padre di Alfredo, Giorgio Germont, le chiede di lasciarlo per ristabilire l’onore della sua famiglia visto che il promesso sposo della figlia rifiuta di sposarla perché Alfredo se la fa con una prostituta) E da qui parte un’invocazione di Violetta che, con “Alfredo Alfredo di questo core non puoi comprendere tutto l’amore” si eleva al di sopra del proprio dolore e anzi prega Iddio di salvare Alfredo dai rimorsi di quello che ha fatto, quando lei non ci sarà più . Donne. Il finale è classico, un lettone rotante in mezzo alla scena dove ricompare la fanciulla dell’inizio, e ricompaiono tutti i personaggi che sono stati importanti per Violetta, la fida Annina (Paola Santucci), Giorgio Germont ( il baritorno Andrea Seze forte presenza scenica voce di ruolo ma poco potente) e naturalmente Alfredo che promette a Violetta che la sua salute sarebbe rifiorita, mentendo sapendo di mentire. E Violetta si smania nell’illusione fino al punto più tragico di tutta l’opera. Il canto lieve si fa presa di coscienza del dramma ineluttabile e Gladys canta come un soprano di altri tempi “ma se tornando non m’hai salvato a nessuno in terra salvarmi è dato!” Tutto finisce con un sottofondo grottesco di maschere che stanno sfilando per la città cantando a festa anzi cantando sguaiatamente sfottendo quella morte che da padrona sovrasta quest’opera. Bravo il coro che appunto sguaina una voce quasi deformata in questo passaggio Grandi applausi per tutti, sarà un’Opera da ricordare, per tantissimi motivi Eleonora Rinaldini