lunedì 8 luglio 2013

Il Sospiro del Giorno Dopo

Che la Notte Rosa sia diventato un appuntamento per Riccione e tutta la Riviera è un dato di fatto. Così come lo sono le chiacchiere del giorno dopo. Spente le luci e ripulite le strade, c’è chi, come il Nazareno e quanti che come lui per dovere o per necessità la devono difendere strenuamente, ne sottolineano il successo e chi invece, postando foto su FB o commenti, non rinuncia a sparare bordate al veleno contro l’invasione barbarica. Un pendolo di opinioni e di giudizi che come ogni anno si spegnerà lentamente, lasciando di fatto le cose come stanno e come molto probabilmente resteranno. Ma qualcosa vale però la pena di dirla. La Notte Rosa è una buona idea, questo va detto e assolutamente riconosciuto, ma come le buone idee che non sono attentamente coltivate resta una buona idea che ripetendosi uguale a sé stessa si trasforma inesorabilmente in una cattiva idea. E qua ci siamo quasi. E l’edizione 2013 ne ha dato i suoi segnali evidenti. Uno di questi è, a pensarci bene, la soddisfatta constatazione che “non è successo niente”, intendendo nessun morto, né tanto meno tafferugli né particolari e irresponsabili vandalismi di sorta. Ora, se si sente l’esigenza o dovrei dire la necessità di sottolineare che un evento, sia pure di massa, si è svolto senza incidenti, forse vuol dire che vi era il forte timore che avvenissero. Segno è che la Notte Rosa è considerata da chi la realizza o la sostiene un evento a rischio. Nonostante il grande ed encomiabile daffare che si danno le forze di polizia e gli stessi vigili municipali. Da qui la domanda? Perché la Notte Rosa si è trasformata in un evento a rischio? Io credo che la ragione stia tutta lì, nella lenta trasformazione che sta subendo. Da perfomance dell’identità e delle ragioni di un territorio, si è trasformata, anno dopo anno, in un “rave party autorizzato”. Le migliaia e migliaia di giovani che in questi due giorni di inizio luglio si danno appuntamento sulla Riviera, sono richiamati proprio da questa ragione. Vengono giù in massa a compiere il loro lungo “freedom act”. Invadono le città, le sequestrano e le umiliano. Ma l’umiliazione badate bene non sta nella disinvoltura con la quale le attraversano, zozzandole o peggio in qualche modo sfregiandole. L’umiliazione non sta nelle bottiglie abbandonate, nelle cartacce, nei bivacchi, nelle latrine a cielo aperto, nelle urla e negli schiamazzi, nella musica sparata a mille decibel, nell’abuso d’alcool e nel via vai scomposto tra le metamoforsi delle loro impalpabili personalità. No, l’umiliazione sta nella radicale omologazione che trovano e che hanno lasciato. In questo loro riuscire a rendere tutte le città della Riviera uguali a sè stesse. O direi meglio a sè stessi. Un frullatore di un'immagine di città disperse e disperate, una emorragia di reputazione sprecata. Un miscelatore di buone intenzioni che si confondono con i cattivi pensieri. Forse, quell’idea di dare una vista d’insieme, tra buona musica e giusti incontri, quella spirale di seduzione che stava dentro il rosa di quella buona idea si è persa nel vortice della sudata spavalderia. Nella sfacciata insolenza che trovi dentro uno “sciortino”, venduto a dolo, per far fare cassa. Forse la Notte Rosa ha bisogno di una pausa di riflessione. E forse anche una città come Riccione che spinge a dare un’immagine di sé che vorrebbe far giocare tra il benessere, il glamour e le nuove tendenze, una domanda se la dovrebbe pur porre. Che senso ha continuare a finanziare, promuovere e sostenere, un evento che chi, per compito, onere e responsabilità lo finanzia, lo promuove e lo sostiene, considera talmente a rischio da gioire per un sospiro di sollievo, il giorno dopo? 
alberto nardelli