giovedì 25 luglio 2013

Unioni Cattivo Esempio

In seguito alle nuove norme riguardanti gli enti territoriali si stanno finalmente scoprendo le fusioni tra comuni, quali opportunità di semplificazione, di contenimento dei costi e di crescita, un percorso in cui i cittadini sono parte integrante essendo chiamati in causa con il Referendum. Ma non sempre le fusioni trovano condivisione tra i cittadini, per quale motivo gli elettori, difronte al quesito referendario le bocciano? Una questione legata solo al campanilismo? Forse uno scoglio superabile attraverso ad una buona comunicazione e una informazione corretta. Se i cittadini dovessero rigettare una proposta di fusione non devono essere colpevolizzati di tale insuccesso, le colpe vanno ricercate tra i proponenti che non hanno evidentemente fatto un adeguato percorso per arrivarci. Il punto di partenza deve essere una buona Unione ed è questa la prima responsabile del fallimento delle fusioni, anche queste dovevano consentire un abbattimento dei costi, ma chi ha controllato? Le Unioni furono istituite come una fase di passaggio di collaborazione tra comuni, una fase transitoria nella quale i comuni aderenti avevano l’opportunità di conoscersi, di mettere insieme i servizi contenendo la spesa, provvedere ad unificare gli uffici e stabilire strategie comuni sino a suggellare questo percorso con la trasformazione dei comuni facenti parte in un Comune Unico. Ma nelle Unioni esistenti quanto è stato fatto per contenere i costi e per omogeneizzare i servizi? Quali forme di autocontrollo sono state messe in campo al fine di controllarne la reale convenienza? Reputiamo grave che le Unioni non abbiano voluto porsi la fusione come obbiettivo finale, grave che non abbiano voluto darsi un calendario come se non volessero prendersi impegni precisi ed il risultato si è visto: una volta uniti alcuni servizi non ci si è impegnati nell’andare oltre. Un’ Unione efficiente avrebbe stabilito (come era previsto dalla normativa) una durata di dieci anni alla fine dei quali provvedere alla fusione. Dieci anni in cui i comuni avrebbero dovuto darsi delle regole e dei tempi e ritrovarsi alla fine con il raggiungimento di un unico comune al quale mancava a suggello di quest’opera solo un passaggio ovvero lo scioglimento dei consigli in favore di uno unico. Un lasso di tempo che sarebbe stato funzionale anche sui cittadini per i quali il cambiamento non avrebbe rappresentato un salto nel buio ma lo avrebbero colto come esempio di funzionalità amministrativa. Col riordino territoriale si fanno largo le Unioni di nuova generazione, unioni innaturali, troppo ampie attraverso le quali sarà molto difficile per i piccoli comuni mantenere una propria dignità. Se verranno eliminate le province come da tempo auspicato, ma tra la Regione e i Comuni avremmo creato come organi intermedi delle unioni che in alcuni casi rappresentano il territorio di una mezza Provincia come potremmo parlare di semplificazione, ottimizzazione e contenimento dei costi? Cordiali saluti, 
Loris Dall’Acqua Sandro Polidori
Valmarecchia Battle Group