mercoledì 24 giugno 2015

Macondo (testamento scoperto da Azazello)

Di questa Rimini, quasi spettrale dell’estate 2015, nell’Italia spettrale di un’Europa spettrale, un giorno si dirà qualcosa? Difficile dirlo. Forse l’unica cosa notevole sono le bugie di cui è stata intessuta e farcita la vita di questa città negli ultimi vent’anni. Bugie a prezzi modici, dicono. Cinque o dieci Euro a articolo. Quasi come i prezzi degli alberghi vuoti. Nessuno, a queste menzogne, ormai ci crede più, ma fanno male lo stesso. Forse anche ai pochi che, muniti ancora di coscienza, che le scrivono per puro bisogno. Forse farà la fine della Macondo di “Cent’Anni di Solitudine”, ma non può trovare un Garcia Marquez a narrarne i giorni, primi e ultimi. Non troverà il suo Aureliano Babilonia a decifrare finalmente i versi dello Zingaro Melquiades. Qui, al massimo, in questi ultimi giorni, si leggono “Cinquanta Sfumature di Grigio”, se va bene. E poche pagine. Leggere stanca. Rimini, lo capiamo solo oggi, era un insieme di individui divenuti una stirpe meticciata che, per un puro scherzo del caso, dopo millenni di oscurità, era uscita per qualche decennio a vedere una specie di luce. Ma è proprio vero che tutto quello che è scritto nelle pergamene è irripetibile per sempre e da sempre. Perché le stirpi condannate a Cent’anni di Solitudine non avranno mai una seconda opportunità sulla terra. Azazello.
 “All’estremo lato volava Azazello, facendo rilucere l’acciaio dell’armatura. La luna aveva anche mutato il suo volto. Era scomparsa, senza lasciare traccia, la zanna assurda e orribile e il leucoma si era rivelato falso. Entrambi gli occhi di Azazello erano uguali, vuoti e neri, e il viso era bianco e freddo. Adesso Azazello volava col suo sembiante reale, come un demone dell’arido deserto, come un demone assassino”.
 (M. Bulgakov; Libro Secondo; il perdono e l’eterno rifugio).