venerdì 18 gennaio 2013

Rimini Oggi

Via i campi di beach volley, bocce, gazebo, pedane, pali, palme, parcheggi per le bici. A Rimini smontano le spiagge. I bagnini sono stati strozzati dal groviglio delle norme Restano in piedi solo le storiche cabine e i ‘baracchini’ dove il bagnino in canotta assegna l’ombrellone al cliente. Per il resto, è tutto raso al suolo. O quasi. La nuova tendenza per la stagione estiva 2013 a Rimini, città che un tempo si fregiava del titolo di capitale del turismo, rischia di essere proprio questa: la spiaggia smontata. Via i campi da beach tennis e beach volley, via soprattutto quelli da bocce che gli anziani sognano durante l’inverno, via gazebo e pedane, pali e palme, piante e arredi vari, insegne e pure gli spazi dove parcheggiare bici e motorini. Sta succedendo in questi giorni: gli operatori balneari riminesi dopo un estenuante braccio di ferro con l’amministrazione comunale sono arrivati a tanto. Vediamo di spiegarne il perché. L’antefatto è il ‘patto di non belligeranza’ pluridecennale tra le amministrazioni di sinistra e la categoria dei bagnini. Di far rispettare le regole innanzi tutto edilizie sulla spiaggia, che è un bene demaniale marittimo dato in concessione ai privati, nessuno o quasi s’è mai curato troppo. E così i nodi vengono al pettine adesso, tutti in una volta. Succede infatti che da qualche anno la Procura della Repubblica di Rimini abbia cambiato indirizzo, con sequestri a tutto spiano sulla spiaggia, pure in agosto col ‘pienino’ di turisti (il ‘pienone’ è solo un bel ricordo), e sigilli alle strutture ritenute abusive. Gran parte di gazebi e pergolati montati sull’arenile sono privi dei titoli edilizi, così come delle autorizzazioni antisismiche. Nessuno le ha mai chieste, nessuno ha mai detto di chiederle, ribattono i bagnini. Fino ad ora. E così adesso si smonta per evitare di trovarsi davanti a un giudice a rispondere di reati edilizi. Due anni fa è poi spuntato il problema delle autorizzazioni paesaggistiche rilasciate da Comune e Soprintendenza ai beni architettonici; è questo l’inghippo principale che ha portato agli attuali smontaggi. Per allestire qualsiasi cosa sulla spiaggia, che è un bene vincolato, serve questo permesso. Pochi ce l’avevano, alcuni l’avevano ma scaduto (dura cinque anni), e così il Comune ha approvato un regolamento per sanare gli abusi secondo il Codice Urbani del 2004. Il problema è che, fatti due conti, i bagnini hanno scoperto di dover spendere una media di 40 mila euro a testa per condonare gli abusi, con punte di 70-80 mila negli stabilimenti più grandi. Inutile dire che in pochi stiano prendendo quella direzione, l’unica cioè che permette di lasciare la spiaggia così com’è. Dunque che si fa? Si smonta, per poi richiedere l’autorizzazione. E qui sorgono due problemi: il primo è che, vista il numero di aziende interessate, circa 350, non è detto che gli uffici comunali riescano a sbrigare tutte le pratiche entro l’estate; il secondo è che molte strutture non possono essere autorizzate così come erano state montate, perché contrarie al Piano dell’arenile comunale, che prevede determinati criteri. Ad esempio, solo il 25% della fascia A (quella più vicina al lungomare) va occupato, peccato che lì ci siano i campi da basket (come quello dove si dilettava Carlton Myers), da bocce, le pedane d’ingresso e via dicendo. Tutta roba da togliere. Il groviglio di norme non finisce qui: molti operatori non hanno utilizzato lo “scivolo” della sanatoria perché per farlo era necessario essere in regola con altri permessi, come quelli doganali e quella demaniali, che non tutti avevano. Morale della favola, per andare sul sicuro la stragrande maggioranza ha deciso di smontare, e la prossima estate ben poche strutture saranno rimesse. Oltre al problema delle fogne che scaricano a mare in caso di pioggia, Rimini rischia quindi di perdere una delle sue principali peculiarità: la spiaggia ricca di servizi per i turisti. 
 Giovanni Bucchi
 Italia Oggi