sabato 26 ottobre 2013

Le Donne e lo Stalker

La conoscete la Maria Pia? Dovreste. E’ il prototipo della persona per bene. La gentilezza d’animo la riconosci subito e, in questo caso, alberga in una donna minuta, dagli occhi buoni, che sarebbe capace di offrire dell’acqua per dissetare l’operaio che le sta abbattendo casa. La conoscete Giovanna? E’ una madre di famiglia, una donna forte, una commerciante, una di quelle che difende il suo focolare con le unghie e con i denti. La conoscete Anna Paola? E’ un’insegnante, un’appassionata di letteratura, così appassionata che riesce a trovare riferimenti letterari anche mentre vive le disavventure di cui parliamo in questo articolo. Chi sono queste donne? Potrebbero essere le abitanti di una via qualsiasi di Rimini e in effetti lo sono, ma cosa hanno in comune oltre che la stessa via di residenza? Condividono un uguale modo di sentirsi. Andate in via Renato Serra e chiedete loro come vivono da un po’ di tempo. Fatelo separatamente, se volete, o magari in momenti diversi della giornata, vi risponderanno tutte che dormono male, che provano ansia, che sentono qualcosa che incombe costantemente, qualcosa che può piovere addosso all’improvviso e da cui non si possono difendere… anche a causa dell’indifferenza degli altri. Vi sembra di riconoscere in loro vittime di stalking? Se è così è perché in effetti lo sono. Per la precisione a Giovanna è già successo qualcosa di irreparabile. Agenzia Mobilità, lo stalker, le ha abbattuto un garage in muratura, senza nemmeno essersi presa il fastidio di espropriarlo completamente. A Giovanna l’angoscia di quei giorni di agosto è rimasta addosso come qualcosa di unto, anche se lo Stalker oggi ha cambiato obbiettivo… perché quella brutta sensazione di essere stata lasciata sola non l’abbandona nemmeno dopo mesi. Non è una trovata letteraria parlare di stalking, credetemi o, se non credete a me, domandate a loro, le donne di via Renato Serra. Si sentono perseguitate. Si svegliano la mattina, presto, di soprassalto, magari per qualche rumore inconsulto, corrono alla finestra per vedere se il loro persecutore è già li e se sta facendo qualcosa di brutto nel loro giardino. Tutto il giorno, durante le loro incombenze quotidiane, escono e tornano a casa più volte, sempre attente agli angoli della via.. magari proprio li.. prima del sottopasso… dove AM riunisce le sue truppe prima di venirti a buttare giù tutto. E la sera? Si coricano nel loro letto sapendo già che il pensiero delle angosce della giornata successiva le farà dormire male. Come le vittime dello stalking canonico si sono rivolte alla Legge, che le ha ignorate. La Polizia serve per la sicurezza, quella pubblica, non la loro. La Municipale serve solo per constatare e i Carabinieri… beh… non è loro competenza (non si sono più ripresi da quando hanno arrestato Pinocchio). Non importa se persino un giudice ha deciso che non le si deve importunare, perchè allo stalker non frega niente. Glielo puoi agitare sotto il naso quel pezzo di carta che dice che deve starti lontano, ma ti guarda negli occhi con il suo ghigno di disprezzo e ti dice che a lui non importa.. che lui può fare quello che vuole. Lo stalker, probabilmente, riuscirà nel suo intento di demolizione. Demolirà i mattoni e le persone, perché nessuno lo fermerà. A parole sono tutti solidali con Maria Pia, Giovanna e Anna Paola, ma nella realtà dei fatti sono tutti spettatori occasionali. Quando la mattina, al bar, sorseggiando un caffè, leggono dell’ennesima persona tormentata fino ai limiti estremi, dispiace veramente? Formalmente si e se qualcuno chiedesse loro un’opinione esprimerebbero solidarietà, magari rabbia, ma per quanto tempo quello che hanno provato li accompagnerebbe? Poco… perché non li riguarda e in fondo pensano che a loro non succederà mai. Maria Pia, Giovanna e Anna Paola però sono persone normali, non sono diverse da altre migliaia di donne che abitano Rimini. Sono donne oneste, non cercano guai, ne sono colpevoli di un azzardo, solo che un giorno una variabile non prevedibile nella loro normale vita le ha rese vittime. Se succedesse a voi vorreste che la solidarietà degli altri durasse un caffè? 
 P.S. Avrei potuto scrivere tante cose sul TRC. Portare prove, evidenziare dati, spiegare le tattiche evasive di chi è chiamato a dare spiegazioni e mettere in luce il comportamento di chi ha deciso di lavarsene le mani. L’ho fatto, lo farò. Questa volta però mi premeva di fare conoscere persone vere, che potrebbero essere (o che forse sono) persone che conoscete e non dei generici espropriati. Forse è troppo tardi perché in questo caso la solidarietà risolva qualcosa, ma può darsi che un po’ di appoggio faccia sentire queste donne un po’ meno sole in mezzo a 150 mila concittadini.
 Davide Cardone [@DadoCardone]
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