lunedì 15 aprile 2013

Dentro il Vulcano


Come facciamo di solito chiediamo ogni tanto al nostro Cancelliere una diapositiva della situazione del paese. Ovviamente là dove ha dimostrato, prima su “RiminiPolitica" poi con “SalvaRimini", una singolarissima preveggenza. Parliamo ovviamente del piano economico sociale. Diciamo, purtroppo, che le sue previsioni dal 2008 ad oggi si sono avverate, salvo una, almeno per ora... Saperlo non è di conforto ma aiuta. Aiuta a capire. Per chi lo vuole. Anche stavolta non ci ha deluso. Leggiamo la sua risposta. Caro Lugaresi non potendo, né avendo voglia, lo confesso, di scrivere più di tanto pongo alla tua attenzione e dei tuoi lettori un dato statistico preticamente ignorato dalla stampa ma, a mio avviso, molto significativo. Penso possa far comprendere meglio di tante sciocchezze il momento attuale e quello che verrà. Come al solito il titolo aiuta, specie quelli che ricordano un articolo di non tanti anni fa. Il recente bollettino statistico della Consob conferma che in poco più di due anni, monitoraggio dal giugno 2010 al settembre 2012, risultano “spariti” presso gli intermediari finanziari italiani circa 670 miliardi di euro tra di risparmi. Che fine abbiano fatto non è facile spiegarlo. Ma nemmeno tanto difficile. In parte, di questa immensa cifra, pari a oltre il 40% del pil, un centinaio di miliardi è stato bruciato nella perdita di valore di Piazza Affari, che ha decimato nel corso del periodo di riferimento il corso delle azioni. Ma il quantitativo delle azioni detenute dagli italiani si è ridotto in controvalore di 177 miliardi, così come si sono ridotte di circa 300 miliardi di valore le obbligazioni bancarie, di 130 miliardi di euro i titoli di stato e di alcune decine di miliardi di corporate bond. Fatto sta che nel giugno del 2010 risultavano investiti 1.821 miliardi di euro, ridottisi a 1.151 miliardi solo 27 mesi dopo. Va notato solo in minima parte questa “sparizione” è stata tamponata da un accrescimento di liquidità parcheggiata presso i conti correnti. Questa è passata da 1.112 a 1.200 miliardi di Euro. Tuttavia vi è un altro dato che fa riflettere sullo stato del Paese. E’ quello ufficioso, per cui nel 2012 sarebbero defluiti all’estero 115 miliardi di euro, mentre secondo il Fondo Monetario Internazionale sarebbero oltre 200 miliardi gli euro “fuggiti” dall’Italia tra il giugno 2011 e il giugno 2012. Naturalmente, contrariamente al primo è un dato, ripeto, ufficioso e non controllabile, ma che a giudicare dai “gridi” di Bankitalia c’è, eccome. Ma cosa spingerebbe gli investitori a cercare altre vie? Senz’altro, la crisi dei titoli di stato rappresenta il fattore di rischio maggiore. I mercati temono che l’Italia possa essere travolta dalla crisi e che il modello Cipro le possa essere applicato non appena se ne presenterà l’occasione. La cosa, taciuta dai media italiani, ormai arrivati a livelli di autocensura veramente encomiabile, se non fosse tragicamente ridicolo, è data per certa dal Nord Europa. E, temendo il collasso del sistema bancario e cercando di sfuggire alla tagliola di un fisco ormai ossessivo, tra conti correnti spiati, redditometro ed imposte patrimoniali (IMU, TARES, imposta di bollo sui c/c, tassa sulle imbarcazioni, etc.), molti risparmiatori hanno trovato rimedio, portando all’estero il proprio denaro o almeno, così facendo, sperano di salvare qualcosa. Un veloce trasferimento di ricchezza, quindi di ricchezza “liquida”, dal Sud al Nord dell’Europa. In questo senso, ad esempio, dovrebbe essere considerato il boom degli investimenti immobiliari di italiani, spagnoli e greci in città come Berlino, conseguenti alle stangate sulle case imposte dai rispettivi governi per fare cassa sui beni “non trasportabili”. Quindi, vero è che una parte non indifferente di quei 670 miliardi apparentemente svaniti nel nulla sia da mettere in conto alla crisi stessa, titoli che perdono valore e risparmiatori che smobilizzano per ottenere liquidità e finanziare i consumi essenziali e pagano le nuove imposte patrimoniali, ma per il resto si tratta di un fortissimo spostamento della ricchezza verso lidi apparentemente più favorevoli e porti più, forse, sicuri. Almeno così sperano i protagonisti...cioè gli ormai disperati risparmiatori. Per non parlare della tendenza esplicita delle aziende italiane a fuggire da Piazza Affari. L’ultimo caso in ordine di tempo potrebbe realizzarsi già nelle prossime settimane. Dopo la conclusione dell’Opa di Salini su Impregilo, che avviene in questi giorni, il costruttore romano potrebbe trovarsi nella possibilità di dovere liquidare il flottante libero rimasto, in quanto insufficiente ai fini regolamentari (meno del 5%). In tale caso, si vocifera che dopo il delisting e a fusione avvenuta tra Salini e Impregilo, il nuovo titolo potrebbe essere quotato a Londra, per dare vita a un colosso internazionale delle costruzioni. Insomma, un’altra fuga dall’Italia a vantaggio di un’altra economia, a conferma della crisi del “sistema Italia” o, più esattamente, dal timore che circola su questo sistema. E’ ovvio che la notizia di oggi su Cipro (il conto del “salvataggio” raddoppia: occorrerà toccare ovviamente anche i “piccoli” conti) rende la situazione italiana vieppiù drammatica, e rafforza l’idea di avvitamento senza speranza di quella che era la terza economia dell’Europa. Quale poi sarà l’effetto sul resto della zona Euro di un collasso italiano è una storia ancora da scrivere. Mi spiace di non poterti dare ogni tanto notizie buone, ma bisogna ricordare sempre che “Forsan et haec olim meminisse juvabit”. Tradotto dal curiale Zerbini, Gnassi è peggio. Con stima.
Il Cancelliere