domenica 28 aprile 2013

Le Colpe di Repubblica

L'attentatore è uno squilibrato. Ha colpito due innocenti carabinieri rei di svolgere il loro lavoro. Ci addentriamo in alcune considerazioni sullo stato del Pidi, saltato non per colpa della antica lotta tra Pci e Dc. Non c’entra nulla neanche la divisione tra sinistra liberale e socialista, tra quella più moderna e quella più radicale. Il Pd è saltato su un altro punto. Durante il voto per il Presidente è emersa in modo plastico la vera divisione ideologica e antropologica interna al PD e al centrosinistra allargato, quella tra una sinistra che conosce i rudimenti della politica e sa che la politica è necessariamente trattativa e una sinistra moralista e intransigente che non solo non accetta compromessi, ma non riconosce nemmeno la legittimità dell’avversario. Il PD è saltato su questo punto. Questo scontro dura nelle sue viscere da 20 anni ed è stato alimentato, a seconda delle contingenze e convenienze del momento, proprio da quelli che conoscono l’arte della politica. Quando costoro pensavano che convenisse appiccare o soffiare sul fuoco perché avevano perso le elezioni, allora alimentavano l’estremismo moralista, il populismo e il giustizialismo. Quando invece avevano in mano il pallino del gioco, si trasformavano immediatamente in statisti, perfino sodali con il nemico Berlusconi. Ma alla fine non sono stati capaci di domare il fuoco da loro stessi appiccato. A poco a poco sono stati travolti, fino all’incenerimento finale di questi giorni. Il PD è saltato, ma la partita è ancora in corso. Dove? Sulle pagine di Repubblica, sul giornale che prova a costruire una sinistra moderna e contemporaneamente soffia sul fuoco. Il giornale che ospita le idee del mondo e i grotteschi appelli degli intellettuali pro Grillo, che pubblica i grandi scrittori anglosassoni e i demenziali post-it, che celebra la tessera numero 2 del Partito democratico a vocazione maggioritaria e cucina il brodo travaglista. La partita del PD e della sinistra italiana ora si gioca lì, a Largo Fochetti. Sul giornale che ha creato l’antiberlusconismo militante, ma che forse è consapevole dei suoi limiti. Due o tre volte è capitato che abbiano provato a domare il fuoco. Ricordiamo le polemiche furiose con Travaglio di Giuseppe D’Avanzo e poi di Ezio Mauro, lo stop a Zagrebelski di Scalfari all’apice della questione Ingroia-Napoletano, gli sprezzanti giudizi sempre del Fondatore nei confronti del giacobinismo di Flores d’Arcais, direttore del MicroMega appartenente allo stesso gruppo. Ieri, ancora, il lisciabusso di Scalfari a Rodotà per aver schiacciato l’occhio al grillinismo eversivo, che però fino al giorno prima era stato invocato con entusiasmo dall’ennesimo e demenziale appello del solito circo di intellettuali di Rep. Nello stesso giorno del rimprovero scalfariano, però, Ezio Mauro ha twittato un articolo di Repubblica.it che segnalava l’entusiasmo con cui il popolo dei republicones aveva accolto il medesimo Rodotà alla festa della Repubblica delle idee in cartellone a Bari. Lo stesso Rodotà sbertucciato dal fondatore di Rep. nella sua editorialessa domenicale. Le due impostazioni non possono stare insieme, è evidente. Né in politica né in editoria. Non sono due opinioni contrapposte, linfa della società. Una, quella moralista e giacobina, non ne prevede altre. Le vuole cancellare, ammanettare, giustiziare. Uno potrebbe dire: non capisci, questo dimostra che Repubblica è un gran giornale, polifonico. Sì, come il PD. E come il PD si illude di poter domare il fuoco. Non si può. Sta arrivando. Preparare gli estintori. Intanto hanno fatto un governo che farà saltare BarbaPapà, l'ultimo editoriale è riuscito ad essere peggiore degli altri. Due sedie a dondolo ad Ischia.