Notre vie est un voyage/ Dans l’hiver et dans la Nuit/ Nous cherchons notre passage/ Dans le Ciel où rien ne luit.
(canzone delle Guardie Svizzere o della Beresina 1793/1812)
La cupa e triste canzone degli svizzeri di Luigi XVI o, forse di Napoleone in Russia, rende molto bene le note tristi di questo continente proprio in questi giorni. Dopo la sbornia guerresca innescata dai tanti “maidanisti” si comincia a capire almeno un pochino cosa vuol dire la guerra. Ancora si spara poco ma le conseguenze morali ed economiche cominciano a farsi sentire. Ovviamente al di qua e aldilà del fronte situato oggi ai confini del Dnepr. Privata del suo retroterra naturale e del suo partner commerciale più promettente, la Federazione Russa, l’Europa occidentale comincia forse a capire dove l’hanno portata i suoi Barroso, Ashton, Fischer e magari Pittella PD. Veramente un grande risultato che neanche a farlo apposta a Rimini si vede ancora meglio. Non l’ombra di un turista e una tristezza da tagliare col coltello, insieme a una miseria vera e propria mai vista. A questo punto cominciano le fanfare di quelli che la guerra con i morti la vogliono davvero e dobbiamo sentire le prediche dei George Soros e degli americani che invitano l’Europa a “cercare la propria identità” nella marcia su Mosca. Presagio funesto di ancor più funeste conseguenze. Anche perché i successori dei personaggini di cui dicevamo prima (in primis Mogherini) non promettono nulla di buono. E allora il gregge europeo si incamminerà dietro le parole d’ordine del pastore Soros gridando: a Mosca, a Mosca! Attenzione però il pastore e tanti altri come lui non saranno davanti a guidare il gregge ma nelle loro belle isole tropicali o in California caldi e al sicuro.
Woland.