mercoledì 11 marzo 2015

Lo zio Carlo

Quando ieri abbiamo sentito dell’ennesima dichiarazione di Gnassi sull’ennesimo “miliardo di indotto” creato dalla Notte Rosa abbiamo capito finalmente a chi si ispira il nostro “Taglianastri”: lo zio Carlo! In realtà si trattava di un prozio, zio cioè di mio padre, più piccolo di una miriade di fratelli e sorelle di cui mio nonno era il primogenito. Quando ero bambino a cavallo tra gli anni 50 e 60 la grande famiglia stava passando dalla semipovertà bellica ai primi splendori della piccola borghesia middle class. Proprio quella che oggi stanno distruggendo. A quel tempo il segno tangibile della ascesa sociale era l’acquisto della macchina. Macchine semplici per la verità e quasi tutte Fiat: cinquecento, seicento, ottocentocinquanta con qualche “originale” come mio padre che addirittura possedeva una Simca mille (una perfetta successione di quadrati superata solo molti anni dopo dal cubo di Rubik). Lo zio Carlo peraltro essendo economicamente simpatico, ma un po’ scarso non poteva permettersi nemmeno la più modesta di queste vetture. Allora aveva inventato un modo tutto suo per farsene una ragione e dare una spiegazione. Questo capitava, nelle numerosissime occasioni di incontri parentali (comunioni, cresime, matrimoni), lì, a proposito della macchina, quando lui e la moglie dovevano immancabilmente chiedere un passaggio usciva con questa battuta: “… me, una machina sun’è e mench un “milletre” an la voi gnienca santì scurzè!” (traduzione: io una macchina se non è almeno un mille e tre (1300 cc. cioè), non la voglio nemmeno sentire scoreggiare). Cosa centra lo zio Carlo morto quasi centenario pochi anni fa con Gnassi? Semplice! Anche Gnassi non prende in considerazione niente che non porti almeno un miliardo di euro di “indotto” come la sua Notte Rosa. Ecco perché a Rimini per anni si è parlato solo di Fiera, Palas e areoporto Fellini. L’ex “magnifico” Cagnoni, anche lui ha sempre quantificato l’indotto delle sue indebitatissime creature in “un miliardo”. Idem il Fellini. Tutti diligentemente ripresi e omaggiati nel loro “miliardo” dalle fotocopie. Prima 4 poi 3 e fra poco 2. E‘ vero che a voler essere pignoli il miliardo di Gnassi vale più di quello di Cagnoni ottenuto com’è in due o tre serate mentre Fiera Palas, per arrivarci, stanno aperte almeno 15-20 giorni l’anno. Ancor più il paragone è duro per il Fellini che, questo miracoloso miliardo lo ottiene, anzi otteneva stando aperto tutto l’anno. Ora evidentemente per mettersi a pari con i due concorrenti a Miramare sono chiusi da 5 mesi e lo scopo adesso diventa chiaro. Non è per la crisi e i debiti di Aeradria: è che vogliono fare il miliardo in qualche giorno come Gnassi e Cagnoni. La storia del miliardo di euro come unica unità di misura valevole a Rimini spiega anche finalmente la feroce avversità contro tutti quelli che non lo fanno. Ad esempio gli ambulanti che, sono sì 400, ma al massimo in un anno potranno fare al 80 -100 milioni. Idem per il centro storico. I 200-250 esercizi pur avendo tra loro, ancora per poco…, qualche “peso massimo” tipo Coin, Armani, H&M, col cavolo che arrivano a un miliardo di fatturato. Non parliamo infine dei 40-50 derelitti del mercato coperto che se in un anno fanno 100.000 euro per uno è un miracolo. Ecco perché il comune li ha già seppelliti nella cripta di quello che veniva pomposamente chiamato Mercato San Francesco con mezzi di trasporto relegati a distanze che scoraggerebbero un pentatleta. Quanto agli ambulanti sappiamo tutti che prima dell’estate verranno mandati a scontare i loro peccati tra i resti dell’anfiteatro e il parcheggio del settebello dove potranno meditare senza problemi e senza clienti sul perché non si sono sforzati ad arrivare ad un miliardo. Quanto al centro storico anch’esso gravemente colpevole di reato di “mancato miliardo” viene spogliato ogni giorno di 2-3 esercizi, affinchè l’anno prossimo i pochi superstiti capiscano che devono andare negli unici due posti meritevoli a Rimini: il Borgo San Giuliano e Le Befane oppure, se apre, Conad Acquarena.
 Woland