venerdì 3 marzo 2017

In Italia non ci si annoia

E’ inevitabile rimanere permeati nella discussione qualunque essa sia: sociale, economica, di politica vicina e poco più lontana, vista la superficie territoriale del Paese, pari a circa 301.340 Km, che ci colloca come estensione al 72 posto fra i Paesi della Terra in ragione dei confini attuali. Sebbene le dimensioni siano ridotte quante diversità: di flora, fauna, paesaggi, culture, arte, suoni, profumi, lingue/dialetti invidiatici dall’umanità, come fossimo la risultante di un crogiuolo, una stratificazione di ere, il frutto, rimanendo in ambito bucolico, di una lunga storia fatta di città stato, principati, signorie, feudi, imperi, municipi, luoghi apice di concorrenza, nella sua forma più nobile e inarrivabile, che ha prodotto un tempo fertile come la nostra terra: il Rinascimento! E per non farci mancare nulla, cristallizzati nel e dal tempo, come pepite incastonate nel prezioso due Stati nello Stato: la più antica Repubblica del mondo, così si amano definire, San Marino, ed una delle Capitali mondiali della spiritualità: la Città del Vaticano. Non male oserei dire! Guelfi e Ghibellini, come fossimo il simbolo del Taijtu, lo Yin e lo Yang, metaforicamente rappresentati da due secchi d’acqua collocati all’estremità di una canna di bambù, ove il Thai Chi è la nostra penisola capace di tenere insieme le due parti estreme. Elementi di differenziazione, sì, ma complementari. Bene e Male, Sole e Luna, Caldo e Freddo, Luce e Buio, Maschile e Femminile, in un susseguirsi e alternarsi continuo, convivono indissolubilmente l’esistente e nel cammino di ognuno sta il compito della sintesi per giungere al completo stato di unificazione delle due parti solo in apparenza antagoniste e contraddittorie. Adesso pensate che questa mera semplificazione si ripeta per n. volte, che n. siano le sfumature, le sfaccettature, le smorfie e comprenderete di essere approdati in un posto meraviglioso, l’Eldorado della cultura, siete sulla penisola che c’è! Su queste premesse argomentative ho tratto la convinzione della nostra vocazione proporzionalista, irriducibili come siamo nel non voler ridurre colori, sfumature, declinazioni di pensiero, quel pluralismo e quella diversità che è ricchezza genetica, sistemata com’è nelle eliche a spirale del nostro D.N.A. E’ tutta genetica e per quanto la si tenti di manipolare quel metodo filosofico, culturale, questa ratio insita in noi, che in politica si conclama nel proliferare di partiti, partitini, movimenti…con a capo uno o più maestri con un seguito più o meno grande di discepoli sta lì a dimostrarlo. Credere di poter annientare questa sconfinata diversità per ridurla forzatamente, a freddo, senza un cammino effettivo e autentico, ad unità, attraverso l’imposizione muscolare, la superficiale importazione, di un metodo, il maggioritario, mutuandolo sic et simpliciter, surrettiziamente, da altre realtà, culture, storie lontane è stato un errore, quale è la presunzione di voler mangiare intempestivamente un frutto che non è maturo e/o non piace, se non si riveli addirittura fradicio o velenoso. Sono convinto della nostra “vocazione proporzionale”, da intendersi come espressione conio di quanto fin qui ho cercato di rappresentare, tanto è vero che non l’abbiamo mai abbandonata fino in fondo, ed essa come fosse acqua di un fiume ha ripreso la via che la conduce al mare, nonostante l’alveo fosse stato sbarrato, la corrente ne ha modificato il corso, si è nascosta in profondità per riemergere altrove, questo significa avere speranza, affinché “i fiori novelli che io sogno troveranno in questo suolo lavato come un greto il mistico alimento che darà loro vigore”. Del resto come diceva Pasolini: “non c’è mai disperazione senza un po’ di speranza”. 
P.S. la s di speranza è rigorosamente minuscola. Non vorrei si confondesse con un cognome.
Roberto Urbinati