martedì 28 marzo 2017

Mio parere

Un nomade è un nomade, non entra questo nella capoccia di chi è chiamato a decidere le sorti di rom e sinti. Mu'ammar Muhammad Abu Minyar 'Abd al-Salam al-Qadhdhafi, detto in Italia Gheddaffi fatto trucidare dagli USA etc., era nato in una tenda e abitava a 70 anni in una tenda e quando venne a Roma ospite di Silvio Berlusconi si portò dietro una tenda. Questo per dire che esiste un imprinting per chi è nato in una roulotte che è impossibile ignorare e per questo mettere un sinto o rom nomade in un appartamento è un abominio etologico ed etnologico. Faccio altro esempio la grande, grandissima Moira Orfei che era Sinta, mi pare, benché fosse diventata molto facoltosa col business dei circhi, poi con il cinema, la tv etc., come è noto, ha sempre vissuto in una mega roulotte, mai si è stanzializzata come avrebbe potuto permettersi in un villone da miliardaria quale ella era. Pertanto quello che si è pensato in Regione, ove c'è pochissima competenza, di fare le casette è una castroneria, una bestialità antropologico-culturale. Mettere un rom in un'alveare-palazzina addirittura poi separandolo dal suo clan è tale quale prendere una rondine e metterla in gabbia: essa morirà. Ad oggi, per adesso, non ci sono altre soluzioni all'orizzonte per i rom e sinti nomadi anche se stanzializzati in campi da decenni ma con le ruote sotto "come un ladro, sempre pronto per fuggire". Qui si potrebbe aprire una discussione sulle origini del nomadismo di questo popolo che non è lo stesso di chi segue il bestiame o la selvaggina, e specificare che non tutti i romanì sono nomadi, la unica soluzione a mio parere sono campi con roulotte che sono le eredi dei carri che utilizzavano nei secoli passati per essere sempre pronti a spostarsi perché gli assalti ai campi non sono cosa recente come si crede. Altro discorso quello degli oneri per queste operazioni di sensibilità culturale. Per farle occorre anche potere permetterselo. E' il mio parere tecnico da antropologo culturale quale in effetti sono. 
Nemo Pascale