venerdì 10 maggio 2013

Per Sorteggio

Allora, ricapitoliamo. Prima ci sono gli “squirinati” senza pace, che vagano nel Pd come spettri: ma per la base Marini é troppo vecchio. Per i franchi tiratori (almeno 101) Prodi è troppo ulivista. C’è chi pensa che la Finocchiaro sia troppo ikeista. E Il Corriere – casomai lo avessimo dimenticato – ci ha fatto capire che Amato è troppo sottile. Poi ci sono le promesse: molti sono convinti che Renzi sia troppo presto. Altri credono che Veltroni sia troppo tardi. Qualcuno spiega che Fassina è troppo onesto. Altri si sono persuasi che Barca sia fantastico, ma ancora troppo catoblepico. Nessuno dubiterebbe che Cuperlo sarebbe perfetto, se non fosse che lui stesso ne dubita. Poi ci sono i classici: tutti sanno che Bersani – ué ragassi, dispiace – ormai è troppo smacchiato, nessuno mette in dubbio che Cacciari sia sempre troppo incazzato, e le lingue avvelenate dicono che Rodotá ormai sia troppo grillino. Epifani andrebbe benissimo, se non fosse che è ancora troppo ex socialista, mentre nessuno si ricorda che la Camusso era socialista, ma è considerata decisamente troppo laburista. Poi ci sono le follie: qualcuno non ha ancora capito che Fassino è troppo Fassino, come la sua immancabile rima. E che Speranza è troppo speranzoso, come la sua giovane età. Bettini è troppo dimagrito, Stumpo è troppo ingrassato, D’Alema è troppo rottamato. Pensate: Civati è troppo occupy, la Melandri troppo maxxi. Quindi ci sono gli outsider: Errani però è troppo emiliano, Chiti troppo toscano, De Luca troppo campano, Marino – se non altro a Roma – troppo genovese. Chiamparino è troppo out, Migliavacca troppo down, Giachetti troppo off, Boccia, soprattutto adesso, è troppo in. Poi ci sono le donne: la Turco spende troppe lacrime, tutte incredibilmente sue, la Moretti porta voce, ma non la sua. La Idem è troppo tedesca, il che sarebbe un pregio, ma non di questi tempi. La Bonafé è solo troppo renziana, la Mosca solo troppo lettiana. La Puppato troppo incerta. Poi ci sono i consiglieri del principe: ma i lothar per nostra sfortuna erano troppo furbi, e Gotor, per sua fortuna è troppo ingenuo. E ovviamente ci sono gli improbabili: Raciti è troppo poco noto, Penati è troppo noto, Lusi (malauguratamente) troppo dimenticato. La Geloni è molto allegra, ma troppo truccata, Gentiloni troppo triste, anche senza trucco. Parisi è troppo coerente, Rutelli troppo incoerente. Cofferati è troppo serio, Emiliano è troppo giocoso (per qualcuno persino ancora peloso). Tocci è troppo intellettuale, Paganelli è troppo pragmatico, e Amedeo Nazzarri, purtroppo – lo ripetiamo ancora una volta per i compagni della mozione Nazzarri – sarebbe perfetto, ma è morto. Infine ci sono i governativi, e sono tutti troppo democristiani, da Franceschini a Del Rio, dediti al potere tanto quanto a Dio. Tra loro sfavilla Enrico Letta, ma il Letta più di sinistra dei due – è noto – in questo giro non siede a Palazzo Chigi. Quando la storia della politica diventa drammatica, spiegava Antonio Gramsci (che in questo partito sarebbe sicuramente considerato troppo intelligente) «le classi dirigenti fondono senza rimedio». Quando un leader ha carisma, spiegava Enrico Berlinguer (uno che in questo Pd sarebbe giudicato troppo serio) è perché è certo, dentro di se, di non aver tradito gli ideali della sua giovinezza. Quando un partito fa regolarmente il contrario di quello che ha raccontato ai suoi elettori, finisce per distruggere tutto quello che tocca. Quando i dirigenti fanno sempre il contrario di quello che vorrebbero, non riescono più a capire cosa potrebbero fare, se solo volessero. Per tutte queste ragioni, se i dirigenti del Pd scegliessero il nuovo leader con il sorteggio pescando a caso tra i loro iscritti, farebbero di certo meno danni che se lo scegliessero con un voto, cercando con ponderazione tra di loro. Mentre non c’è alcun dubbio che se il segretario lo sceglieranno con un accordo tra anime morte – come purtroppo accadrà sabato – sarà sicuramente una catastrofe. Anche per noi. 
luca telese