mercoledì 3 luglio 2013
Medico Pietoso
Il medico pietoso fa la piaga purulenta. Questo vecchio adagio sta a significare che per risolvere un problema, bisogna non nasconderne gli aspetti spiacevoli ed intervenire, anche drasticamente, qualora necessario. Diciamo questo per giustificare i nostri svariati interventi negativi sulla situazione economico-sociale del Paese, nonché i reiterati giudizi tutt’altro che lusinghieri sull’Amministrazione cittadina e sul suo non-operato. Chi ha ancora la fortuna di poterselo permettere, quando esce da Rimini per trascorrere un periodo vacanziero in un’altra località di mare, non solo ha un elemento di confronto con la nostra città ma, con un po’ di faccia da culo tipicamente romagnola, riesce a far dire al vicino di ombrellone perché abbia scelto quella località piuttosto che Rimini e, vi assicuro, le risposte si assomigliano moltissimo. Sono da poco rientrato da un viaggio in una città europea affacciata sul mediterraneo, dove le caratteristiche geomorfologiche della costa sono del tutto uguali a quelle riminesi; dico questo, perché sarebbe fuorviante chiedere a chi è abituato al mare della Sardegna, come mai non venga in vacanza a Rimini. Vi tralascio i motivi per cui rifarei la stessa vacanza in quella città molto simile alla nostra, ma proiettata verso il futuro. Ho diviso il mio sondaggio balneare in quattro tipologie di intervistati: adulti italiani, adulti stranieri, giovani italiani e giovani stranieri (solo una mezza giornata ovviamente, perché di cose più interessanti da fare ce n’erano mille). Ad accomunare le risposte degli italiani sono stati fondamentalmente due elementi: non vengono in vacanza a Rimini perché il mare è sporco di merda e la città presenta un tasso di microcriminalità che, quanto meno, non rende tranquilli. Gli stranieri, a loro volta, dicono che non vengono in vacanza a Rimini perché è difficile da raggiungere (anche se non si spiegano come mai abbiamo un aeroporto ma non abbiamo voli - sigh!) e perché non ha nulla di attrattivo per le loro esigenze. Su questa seconda risposta ho controbattuto illustrando la Rimini romana, il Tempio Malatestiano, l’entroterra, ma evidentemente con le offerte proposte oggi da altre mete, anche quelli che noi riteniamo fiori all’occhiello, non bastano più. In generale gli adulti, viste anche le ristrettezze economiche del periodo, preferiscono una vacanza in meno ma in una località che unisca, mare, relax e magari trattamento all inclusive; i giovani (quelli che hanno due soldi da spendere e non solo qualche euro per bere le lattine degli abusivi alle feste di Gnassi) vedono in Rimini una meta “anni ‘80”, un po’ agée e preferiscono, in Italia, il Salento e la Sicilia oppure, all’estero, località come Barcellona, Valencia, la Croazia, le isole Greche, la Corsica o il sempreverde Mar Rosso. L’analisi, approssimativa e senza pretese, evidenzia un dato: Rimini deve rinnovare la propria offerta turistica e non pensare di essere ancora l’indiscussa capitale del turismo europeo. Il rischio è di far la fine della Pampanini che si crede ancora una gran gnocca e non si rende conto della realtà. Per rimetterci in carreggiata però, è necessario uno sforzo collettivo, abbattendo steccati corporativi ed ideologici, quelli che hanno tenuto banco negli ultimi 40 anni. Ognuno deve fare la sua parte per sistemare quello che non va: la spiaggia non può essere un’accozzaglia di orticelli, il lungomare un bazar in mano a cinesi e cingalesi, gli alberghi servire improbabili pasti cucinati da cuochi (?) improvvisati romagnoli sottopagati o un gelato costare come una pizza. Ma soprattutto, se non vogliamo morire, la nostra città non può più non avere una guida. Serve un sindaco vero, lungimirante, capace di risolvere i problemi senza nasconderli, in grado di coordinare le diverse realtà turistiche presenti sul nostro territorio ed utilizzare gli strumenti urbanistici in suo potere non per fare una striscia gialla tra le palle, ma per modernizzare la città senza il vilipendio paesistico del duo Ravaioli-Melucci. Va bene, anzi, benissimo conservare la nostra anima e la nostra identità, ma non è certo un compito che può essere assolto da una gradellata di saraghina. Cambiamo presto rotta e sindaco o i party del palazzo ci trascineranno irrimediabilmente a fondo. Gnassi non è all’altezza del compito. Chiediamo per lui l’onore delle armi: il prossimo sindaco si impegni a nominarlo assessore alle feste.